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Distanze tra edifici, quando non è necessario il rispetto dei 10 metri?

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Con il decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, è stato stabilito un minimo assoluto per le distanze tra edifici: 10 metri, tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti. Ma è sempre necessario rispettare il vincolo delle distanze tra edifici? No, tale imposizione non è poi così assoluta e vediamo perché.

La conferma arriva dalla giurisprudenza che si è espressa in merito all’annullamento di una concessione edilizia, basato sull’erroneità della tesi del Comune e dell’appellante per cui “chi costruisce dopo è tenuto a rispettare la norma sulla distanza dei fabbricati ancorché il fabbricato confinante sia in tutto o in parte abusivo” (Consiglio di Stato Sezione IV, 21 agosto 2015, n. 3968).

Infatti non è stato valutato condivisibile l’assunto che la distanza legale debba essere misurata tenendo conto anche delle opere abusive confinanti, quale, appunto, la veranda chiusa dal contro interessato, poiché questa tesi condurrebbe, nella specie, al risultato aberrante che, a causa dell’illecito ampliamento dell’edificio, la ricorrente si vedrebbe costretta ad arretrare il proprio manufatto rispetto alla sua legittima ubicazione originaria.

L’appellante indica la giurisprudenza che qualifica come vere e proprie costruzioni le parti dell’edificio avanzate che siano destinate ad estendere ed ampliare la consistenza del fabbricato o comunque rientranti nel concetto civilistico di corpo edilizio avanzato o aggettante.

La situazione di abusività dell’opera rivela le ragioni della sua infondatezza. E gli orientamenti giuridici sono applicabili nel senso che si possono imporre alla costruzione erigenda il rispetto dei 10 metri solo se i corpi in questione sono legittimamente realizzati o comunque destinati ad estendere la consistenza del fabbricato cui afferiscono, trovando in questo caso applicazione le norme sulla prevenzione edilizia e sul conseguente rispetto delle distanze tra edifici.

Pertanto la semplice preesistenza di un passetto o di una scala non suscettibili, ai sensi delle norme urbanistiche, di essere utilizzati per un ampliamento volumetrico dell’edificio non costituiscono situazioni edilizie rilevanti e quindi idonee a legittimamente imporre il rispetto dei 10 metri lineari minimi, richiesti per le distanze tra edifici, alla erigenda costruzione frontista.

 

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Il risarcimento del danno per la violazione delle distanze tra edifici

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Il testo, con una struttura operativa, illustra tutte le problematiche connesse alla responsabilità per la violazione delle distanze tra edifici. Ogni capitolo si apre con i PRINCIPI giuridici a fondamento degli argomenti trattati, segue il sommario del commento e la sezione CASISTICA dove…

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I balconi in condominio

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Alloggi ERP: in Gazzetta le risorse. E, in arrivo, altre novità da Renzi

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Sono stati stanziati i 470 milioni di euro per la ristrutturazione o il ripristino di oltre 20.000 case popolari inagibili o in stato di manutenzione precaria:  sulla Gazzetta Ufficiale n. 265 del 13 novembre 2015 è pubblicato il decreto del ministero delle Infrastrutture del 12 ottobre 2015 di ammissione a finanziamento degli interventi e assegnazione alle regioni delle risorse. Il programma è quello di recupero e razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà dei Comuni e degli Istituti autonomi per le case popolari.
Come avevamo anticipato in quell’articolo, le abitazioni verranno disposte per soggetti attualmente in lista d’attesa dell’assegnazione di alloggi sociali.

La ripartizione tra manutenzione ordinaria e straordinaria
Circa 67 milioni di euro saranno destinata agli interventi di manutenzione ordinaria di non rilevante entità di importo inferiore a 15.000 euro su 5000 alloggi sfitti o attualmente inadeguati. I lavori devono concludersi entro sessanta giorni dal provvedimento regionale di concessione del finanziamento da adottare entro 30 giorni dalla comunicazione ministeriale dell’avvenuta validazione del decreto di trasferimento delle risorse.
Gli altri 400 milioni andranno agli interventi di manutenzione straordinaria degli alloggi (adeguamento energetico, impiantistico statico e miglioramento sismico, nel limite di 50.000 euro) su 19.000 alloggi di proprietà dei Comuni, ex IACP, case popolari ed ERP. L’inizio dei lavori dovrà avvenire entro 12 mesi dalla data del provvedimento regionale di concessione del finanziamento da adottare entro 30 giorni dalla comunicazione ministeriale dell’avvenuta validazione del decreto di trasferimento delle risorse.

Di interventi diretti per l’edilizia sociale se ne parla da tempo: è passato più di un anno dalla conversione in legge del decreto legge 28 marzo 2014, n.47,  testo di legge che poneva in essere scelte decisive per combattere l’emergenza abitativa nel nostro paese. Uno degli step erano proprio i 470 milioni.

Quali interventi possono ricevere il finanziamento?
Gli interventi come definiti all’articolo 2, comma 1, lettera a) e gli interventi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b) del decreto interministeriale 16 marzo 2015, dichiarati ammissibili a finanziamento, inclusi in ordine di priorità negli elenchi trasmessi, ai sensi dell’articolo 4, comma 4 del medesimo decreto interministeriale, dalle regioni Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto, Friuli V. Giulia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna (allegati A e B).

Ai sensi dell’articolo 4, comma 4 del richiamato decreto interministeriale 16 marzo 2015, con separati elenchi le regioni Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto, Friuli V. Giulia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna hanno altresì trasmesso, in ordine di priorità, le proposte eccedenti il limite delle risorse disponibili ai fini della loro eventuale ammissione a finanziamento (allegati C e D).

Stando poi alle dichiarazioni di Renzi di venerdi scorso, oltre a quelli per gli alloggi ERP di cui sopra, per il recupero degli alloggi inagibili verranno aggiunti 25 milioni, e 100 milioni per realizzare impianti sportivi in periferia.

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Consumo di suolo: -7 mq al secondo. L’ebook Ibimet CNR con le soluzioni degli esperti

Consumo di suolo: -7 mq al secondo. L’ebook Ibimet CNR con le soluzioni degli esperti

Mentre il DDL sul consumo di suolo ha ricevuto l’approvazione della Commissione ambiente lo scorso 28 ottobre e sta proseguendo il suo iter in Parlamento, c’è chi si interroga su come meglio impostare lo strumento legislativo che dovrà disciplinare l’impiego e l’uso del territorio in maniera razionale e sostenibile.

Con queste premesse è nato l’ebook Il Consumo di suolo: strumenti per il dialogo, una pubblicazione gratuita che raccoglie le proposte e le soluzioni degli esperti: geologi, urbanisti, progettisti e politici per indirizzare correttamente il DDL sul consumo di suolo verso obiettivi raggiungibili.

Il documento, infatti, raccoglie i contributi di esperti e di rappresentanti della società civile intervenuti all’omonimo convegno organizzato in occasione di Expo per un confronto sulle criticità del territorio e per formulare proposte condivise rivolte a legislatori e ai decisori parlamentari.

Già in passato, sulle pagine di questo quotidiano, ci siamo interrogati sulla maniera più corretta di affrontare il problema del suolo (leggi in proposito l’intervista alla prof.ssa Emanuela Casti dell’Università di Bergamo), unendoci alla denuncia dei geologi sull’insensatezza di un consumo di suolo privo di raziocinio (leggi in proposito l’intervista al geologo Carlo Malgarotto, presidente del dei geologi della Regione Liguria).

Il messaggio che emerge dall’e-book è molto chiaro: il suolo è una risorsa non rinnovabile, che in Italia va perduta al ritmo di 7 mq al secondo (dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – Ispra) e che deve essere tutelata con provvedimenti urgenti ed efficaci, come il disegno di legge sul consumo di suolo ora in fase di discussione in Parlamento.

Insomma, il suolo si evolve da “merce di scambio” a bene deperibile da preservare tramite azioni comuni per tutte le regioni e una progettazione sostenibile che tuteli il territorio.

Già il 20% delle coste italiane – dice Michele Munafò di Ispra e autore del capitolo “Porre un freno al consumo di suolo” – è andato perduto con una cementificazione che non ha risparmiato neanche 34.000 ettari di aree protette e zone a rischio idrogeologico” (leggi i dati ISPRA aggiornati sul consumo di suolo 2015)

La speranza è che i contenuti così raccolti possano contribuire a migliorare una legge dello Stato che ancora non raggiunge una sintesi compiuta per risolvere le preoccupazioni della società civile, sebbene esprima la volontà di salvaguardia del territorio, chiosa Teodoro Georgiadis, ricercatore dell’Ibimet-Cnr.

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Norme tecniche prevenzione incendi: da domani (18 novembre) in vigore

Prevenzione incendi

Entrano in vigore ufficialmente (ed a livello operativo) nella giornata di domani, 18 novembre, le nuove Norme tecniche in materia di prevenzione incendi.

“Il presente decreto entra in vigore il novantesimo giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana”: sono queste infatti le parole poste tra le disposizioni finali del Decreto del Ministero dell’Interno del 3 agosto 2015 recante “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139”, il testo che contiene le nuove Norme tecniche in materia.

Il provvedimento mira a semplificare e razionalizzare l’attuale corpo normativo relativo alla prevenzione degli incendi mediante l’introduzione di una sorta di unico testo organico e sistematico, contenente disposizioni applicabili a molte delle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, indicate all’allegato I del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151.

Nel corso della sua elaborazione ministeriale è cambiato il nome e anche il contenuto tanto che non si parla oggi né di Testo Unico né di Codice di Prevenzione Incendi: quello promulgato, spiega il nostro esperto in materia l’Ing. A. M. Lommano, è un disposto normativo denominato semplicemente Norme Tecniche, che possono essere utilizzate, in applicazione volontaria, ad un sottoinsieme delle attività non normate. Questo testo normativo tenta di rispondere alle necessità poste in essere dalla logica di semplificazione introdotta dal d.P.R. 151/2011, prefiggendosi l’obiettivo di una riduzione degli oneri della prevenzione incendi per mezzo di una “revisione” normativa da operare con il più moderno approccio prestazionale.

Come dichiarato nella presentazione ufficiale della bozza di Testo Unico nell’aprile 2014, ecco alcuni dei principi generali in cui si innestano le fondamenta delle nuove Norme tecniche sull’antincendio:
generalità: le stesse metodologie di progettazione della sicurezza antincendio descritte possono essere applicate a tutte le attività;
semplicità: laddove esistano diverse possibilità per raggiungere il medesimo risultato si prediligono soluzioni più semplici, realizzabili, comprensibili, per le quali è più facile operare la revisione;
modularità: l’intera materia è strutturata in moduli di agevole accessibilità, che guidano il progettista antincendio alla individuazione di soluzioni progettuali appropriate per la specifica attività;
flessibilità: per ogni livello di prestazione di sicurezza antincendio richiesto all’attività sono indicate diverse soluzioni progettuali prescrittive o prestazionali;
standardizzazione ed integrazione: il linguaggio in materia di prevenzione incendi è conforme agli standard internazionali e sono unificate le diverse disposizioni previste nei documenti esistenti della prevenzione incendi in ambito nazionale;
inclusione: le persone che frequentano le attività sono considerate un fattore sensibile nella progettazione della sicurezza antincendio, in relazione anche alle diverse abilità (es. motorie, sensoriali, cognitive, ecc.), temporanee o permanenti;
aggiornabilità: il documento è redatto in modo da poter essere facilmente aggiornato al continuo avanzamento tecnologico e delle conoscenze.

Il decreto si struttura in cinque articoli, con l’aggiunta di un corposo allegato tecnico. L’articolato specifica le attività cui potrà essere applicata la nuova normativa e precisa, anche, le modalità di adozione della nuova metodologia introdotta in alternativa alle vigenti disposizioni di prevenzione incendi, per consentire l’introduzione del nuovo approccio con la necessaria gradualità. Tra i temi analizzati vanno segnalati l’approvazione e le modalità applicative delle norme tecniche di prevenzione incendi, l’impiego dei prodotti per uso antincendio ed il monitoraggio dell’applicazione delle norme tecniche.

Per una visione generale sul contenuto del decreto leggi l’articolo Prevenzione incendi: in G.U. la razionalizzazione delle Norme tecniche.

Per un punto di vista critico in materia leggi l’articolo Testo Unico prevenzione incendi: un’occasione (parzialmente) persa? 

Da domani quindi si avvia, nel concreto, questo importante cambiamento in materia di prevenzione incendi. Per non farsi cogliere impreparati dalle novità Maggioli Editore ha predisposto uno strumento operativo capace di analizzare puntualmente tutti e cinque gli articoli di cui si compone il nuovo testo unico con le norme tecniche per la prevenzioni incendi, oltre naturalmente al corposo allegato tecnico, vero e proprio cuore pulsante del decreto: si tratta dell’e-book Prevenzione incendi – Le nuove norme tecniche del d.m. 3 agosto 2015, redatto proprio dall’Ing. Lommano. Oltre a indagare e spiegare i contenuti del testo, evidenziando cosa non è cambiato e cosa, invece, muta nell’approccio prestazionale per la prevenzione incendi, l’e-book si sofferma anche su “cosa manca”, poiché il testo licenziato dal Ministero dell’interno è stato in parte ridimensionato nella portata rispetto agli obiettivi annunciati nell’aprile dello scorso anno.

lommano e Norme tecniche prevenzione incendi: da domani (18 novembre) in vigore

Prevenzione incendi – Le nuove norme tecniche del d.m. 3 agosto 2015

A. M. Lommano , 2015, Maggioli Editore

L’ebook presenta le novità introdotte dal d.m. 3 agosto 2015. Il decreto, frutto di un lungo processo di elaborazione da parte del Ministero, è orientato a semplificare e razionalizzare l’attuale corpo normativo relativo alla prevenzione degli…

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Grandi opere ed eventi: quale può essere (l’utile) contributo del BIM

Grandi opere ed eventi: quale può essere (l’utile) contributo del BIM

All’inizio di quest’anno, il 3 marzo, la nostra azienda, in collaborazione con il Dipartimento ABC del Politecnico di Milano, ha organizzato il secondo BIM Summit, il primo si era tenuto nel 2013. Questa seconda edizione, con più di 500 persone presenti, è stata sicuramente una pietra miliare per l’evoluzione del BIM in Italia. Infatti dopo il BIM Summit, e grazie all’eco che ha avuto sui media di settore e sui media nazionali, (voglio citare qui i diversi interventi sul BIM del Sole24Ore, curati, tra gli altri, dal dott.  Arona, editorialista del quotidiano e moderatore del BIM Summit), si è realizzata un’accelerazione del dibattito e della messa in pratica del BIM in diversi progetti italiani.

Sono partito dal BIM Summit di marzo perché oggi parlare di quel convegno sembra già “preistoria”. Il dibattito e le azione sulla diffusione del BIM hanno preso una tale accelerazione che mi sento di dire che la percezione del BiM che c’era prima della pausa estiva in Italia è radicalmente cambiata in questa fine d’anno.

Sembra un affermazione azzardata la mia, ma anche alcuni fatti possono confermare come stia cambiando velocemente la pervasività del BIM nel nostri paese.

Proprio nel mese di ottobre sono successi tre eventi molto importanti per l’evoluzione del BIM, in primis mi riferisco alla dichiarazione del Ministro delle Infrastrutture e Trasporti Delrio, il quale a margine di un convegno pubblico, ha dichiarato l’importanza del BIM per la Pubblica Amministrazione, da un lato nell’ottica della verifica della qualità dei progetti messi in gara da un lato, dall’altro per la verifica dei tempi e dei costi per le grandi opere.

Al Ministro ha fatto eco il Presidente di ANCE De Albertis che ha definito strategica l’adozione del BIM per la filiera delle costruzioni, come strumento di coordinamento e collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti nella progettazione, costruzione, gestione e manutenzione. Il terzo evento, se così possiamo definirlo, è il recepimento, da parte della Commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici della Camera dei Deputati, all’interno dell’emendamento della legge delega per il nuovo Codice deli Appalti, della Direttiva Europea sull’adozione del BIM nelle gare della Pubblica Amministrazione. Questi sono tre segnali importanti che fanno ben sperare che l’adizione del Bim avverrà anche in Italia in tempi rapidi. Il BIM parte quindi dalla Pubblica Amministrazione, come è avvenuto negli altri paesi europei, ultimo, in ordine temporale, la Spagna a Luglio di quest’anno.

Il BIM come strumento per programmare le opere collegate alle grandi infrastrutture e ai grandi eventi è il tema di questo intervento, proposto dalla redazione di Ediltecnico. Infatti è proprio su questo tipo di opere che stiamo vedendo le prima applicazioni del BIM in Italia.

Un caso emblematico è stato Expo 2015, nel quale il BIM è stato utilizzato per moltissime opere previste per la manifestazione. Expo si è dimostrato un successo in termini di iniziative e visitatori. Il tema dell’esposizione “Nutrire il pianeta, Energia per la vita”, di stringente attualità, è stato oggetto di profonde riflessioni, scatenando consensi e opposizioni in tutto il mondo. Oltre al tema “ufficiale”, questa esposizione non ha smentito la tradizione che ormai da molte edizioni, vede le esposizioni universali come laboratori di architettura. Infatti la complessità di un evento come questo necessita di una pianificazione prima di tutto di livello urbano e successivamente, a parte gli aspetti strettamente logistici, di una progettualità che riesce a liberare la creatività di architetti e designer provenienti da tutto il mondo. Non è da dimenticare l’aspetto della temporaneità della maggioranza delle strutture e il poco tempo a disposizione per la loro costruzione.  Per questi e per altri aspetti il BIM è stato la chiave di volta per il raggiungimento dell’obiettivo, l’apertura il 1° maggio 2015.

I padiglioni che sono diventati le icone stesse di Expo, come Palazzo Italia e il Padiglione degli Emirati Arabi Uniti e altre strutture come l’Expo Center, i Cluster del Riso e del Cacao e i Padiglioni del Brasile e dell’Indonesia, sono esempi reali di applicazione del BIM e dell’impiego di strumenti informatici avanzati per la modellazione, la verifica strutturale e la produzione delle strutture.

Per la modellazione e produzione delle strutture di questi edifici è stato utilizzato Tekla Structures, il software BIM per la progettazione strutturale. Per il calcolo e la verifica strutturale è stato utilizzato il software Midas Gen, della suite di software per il calcolo strutturale FEM Midas. Da evidenziare il caso dei Cluster del Riso e del Cacao in cui si è realizzato una vera applicazione di interoperabilità tra Tekla Structures e Midas GEN, che consentono  un forte risparmio di tempo, evitando la ri-modellazione della strutture.

In questo intervento, riguardante l’uso del BIM per grandi opere, vorrei porre l’attenzione su una fase della filiera che ancora in Italia non vede un applicazione reale cioè il Model e il Code Checking.

Queste due attività sono infatti a coronamento della creazione dei modelli 3D prodotti dalle diverse discipline della filiera, parlo del modello architettonico, del modello strutturale e di quello impiantistico. Esiste infatti un solo strumento al mondo che è in grado di effettuare il Model Checking ed il Code Checking e questo strumento è Solibri Model Checker, software prodotto dalla omonima casa finlandese e distribuito in tutto il mondo. Harpaceas ne è il rivenditore esclusivo per l’Italia.  Cosa è il Model checking? È l’attività di controllo effettuata sui modelli IFC, prodotti dai software delle diverse discipline, che ha come obiettivo la verifica della qualità del progetto, ad esempio evidenziando eventuali collisioni tra parti strutturali ed impianti. Ma il vero plus che offre Solibri Model Checker è il Code Checking ovvero l’attività di verifica dei modelli BIM, rispetto a specifiche esigenze normative, ad esempio le prescrizioni dei VV.FF, ed a specifiche esigenze contrattuali, come prescrizione poste a base di gara. Queste due attività sono fondamentali in un approccio BIM per una progettazione integrata di qualità. Questi aspetti raggiungono maggiore importanza se rapportati alla programmazione e costruzione di grandi opere, potendo infatti prevenire errori in cantiere con un conseguente risparmio sui costi di costruzione, in linea con quanto dichiarato dal Ministro Delrio.

Come si può evincere l’adozione del BIM, che ricordo non è un software o uno strumento, ma una metodologia, necessita di un cambiamento delle procedure interne di uno studio di progettazione o di un’impresa o di un General Contractor, e necessita anche l’inserimento in organico di nuove figure come il BIM Manager. Oggi in Italia esistono opportunità formativa per diventare BIM Manager come per esempio il Master per BIM Manager organizzato dalla Scuola Master F.lli Pesenti del Politecnico di Milano.

In conclusione possiamo dire che anche il nostro paese si sta attrezzando per l’adozione del BIM e lo sta facendo mettendo in campo, da un lato le risorse umane necessarie per governare il processo, dall’altro l’impianto normativo per lo svolgimento di gare pubbliche. Tutto questo ci fa ben sperare che, nonostante il ritardo con cui ci siamo approcciati al BIM, non manchi molto tempo per portare l’Italia al passo degli altri paesi europei.

bim Grandi opere ed eventi: quale può essere (l’utile) contributo del BIM

Il Building Information Modeling – BIM

Mario Caputi – Paolo Odorizzi – Massimo Stefani , 2015, Maggioli Editore

“La società contemporanea sta vivendo una profonda trasformazione dovuta alla diffusione delle Tecnologie dell’Informazione (IT) che stanno modificando radicalmente il modo di vivere, di lavorare, di produrre documenti e di scambiare informazioni. Anche l’industria…

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Linee Guida CNI coordinatore della sicurezza (CSE): la nuova circolare

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Le nuove Linee guida per il coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione, approvate dal Consiglio Nazionale Ingegneri (CNI) dopo un confronto con numerosi interlocutori esperti della materia (tra cui ASL regionali ed ingegneri esperti in sicurezza di numerosi Ordini territoriali) mirano a delineare le modalità con cui il coordinatore della sicurezza deve svolgere il suo incarico durante la realizzazione dell’opera per garantire una gestione efficiente e sicura del cantiere.

“Il documento finale, approvato dal Consiglio Nazionale Ingegneri nella seduta del 07 /10/2015 – si legge nella circolare del CNI n. 626, 10 novembre 2015 – si pone come utile strumento per l’esercizio della funzione di coordinatore in fase di esecuzione, primo nel suo genere a diffusione nazionale. L’obiettivo della linea guida è di fornire all’ingegnere, ed eventualmente a tutti i professionisti della sicurezza che si occupano della gestione dei cantieri, un valido supporto nell’ambito dell’esercizio della propria funzione, nel pieno rispetto degli obblighi previsti dall’art. 92 del d.lgs. 81/2008, ma anche in veste di ausilio finalizzato all’innalzamento della qualità della prestazione, nell’ottica di un ruolo di alta vigilanza, evidenziato con sempre maggiore frequenza dagli orientamenti più recenti della giurisprudenza”.

Il documento definisce la funzione del Coordinatore della Sicurezza in fase esecutiva (CSE) di “alta” vigilanza in termini di coordinamento delle imprese, anche se ciò non implica una costante e continua presenza.

Le linee guida definiscono in questo senso le circostanze in cui è opportuna la presenza del coordinatore in cantiere, tra cui ad esempio: all’ingresso in cantiere di ulteriori nuove imprese esecutrici e lavoratori autonomi, nelle successive macrofasi di lavoro, per motivate richieste da parte della committenza o altri soggetti incaricati, nei periodi a maggior rischio dovuto ad interferenze, per l’accadimento di incidenti/infortuni, per sostanziali modifiche dell’opera.

La circolare analizza inoltre le azioni concrete che il coordinatore per la sicurezza deve compiere. Ne vengono individuate 13: tra queste il compito di effettuare un sopralluogo, nel sito oggetto del cantiere, per verificare il riscontro della documentazione ricevuta, controllando che lo stato dei luoghi non abbia subito modificazioni dalla fine della progettazione.

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Il coordinatore per la sicurezza nel cantiere

De Filippo Danilo G.M. , 2015, Maggioli Editore

Quando fu predisposta la prima edizione, nell’agosto 2010, il Coordinatore aveva assunto un ruolo centrale per l’intera giurisprudenza prevenzionistica riferita al settore delle costruzioni: era stato tratteggiato come un dominus assoluto del sistema antinfortunistico, divenendo…

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Bonifica siti inquinati: come fa l’acquirente a ottenere risarcimento? Una piccola guida.

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Il tema è quello scottante della bonifica siti inquinati. Una cosa dobbiamo ricordare subito: i proprietari (o acquirenti) di terreni da bonificare non sono direttamente responsabili dell’inquinamento. Prima ancora dell’acquisto. “Chi inquina paga” è il principio alla base della normativa, e questo lo sapevamo già. La notizia consiste nel fatto che arriva un aiuto ai proprietari da parte del Consiglio di Stato. I giudici amministrativi hanno circoscritto gli oneri del proprietario incolpevole solo agli interventi urgenti di prevenzione di danni. La sentenza è la n. 4225 del 10 settembre 2015, sezione VI, Consiglio di Stato appunto. Inoltre, il proprietario di un sito contaminato non responsabile dell’inquinamento ha diritto a un risarcimento.

Ma partiamo dall’inizio. Alla questione, piuttosto discussa, si aggiunge quindi un altro tassello: il CdS interviene nuovamente dopo la sentenza della Corte di giustizia europea del 4 marzo 2015.
L’orientamento della giurisprudenza in merito non è chiaro. All’inizio dell’anno, il Tar ha stabilito che sul proprietario non debbano gravare obblighi di bonifica, ma quelli di porre in essere le misure di messa in sicurezza.

“La messa in sicurezza del sito è misura di correzione di diffusione o propagazione di danni; conseguentemente rientra nell’ambito delle precauzioni (…) che gravano sul proprietario o detentore del sito” (sentenza n. 2509 del 12 febbraio 2015 del TAR Lazio).

 

Proprietario di sito inquinato: Consiglio di Stato VS Ministero

La vicenda di cui si è occupato il Consiglio di Stato riguarda una società proprietaria incolpevole di un sito inquinato e diffidata dal Ministero dell’Ambiente ad adottare misure di messa in sicurezza d’emergenza per impedire l’ulteriore diffusione della contaminazione. Il Ministero sostiene che il proprietario di un bene immobile deve rispondere anche del danno da inquinamento che il terreno continua a provocare. Inoltre, sempre secondo il Ministero, nell’enunciazione del principio “chi inquina paga” la locuzione “chi” non va riferita solo a colui che, attraverso una condotta attiva, ha abusato del territorio immettendo materiali inquinanti, ma anche a chi, in modo negligente, non fa nulla per eliminare, o anche ridurre, l’inquinamento.

Il Consiglio di Stato la pensa diversamente, cioè che il proprietario di un’area inquinata, non responsabile dell’inquinamento, ha una mera facoltà di porre in essere misure di prevenzione, cioè «le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia». Detto questo, il CdS afferma che gli interventi di riparazione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino gravano solo sul responsabile della contaminazione.
Altra cosa: il proprietario non responsabile dell’inquinamento che spontaneamente provvede alla bonifica del sito inquinato ha diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell’inquinamento.

Infine, se il responsabile della contaminazione non viene individuato, la bonifica è eseguita dalla pubblica amministrazione. Il proprietario si espone al rischio che la pubblica amministrazione recuperi i costi della bonifica a bonifica avvenuta con la vendita forzata del terreno e restituendo al proprietario l’eventuale eccedenza tra il ricavato e i costi di bonifica.
Partiamo da quest’ultimo punto per arrivare alla questione centrale del nostro articolo: il proprietario di un sito contaminato non responsabile dell’inquinamento ha diritto a un risarcimento e, in base al Codice dell’ambiente, può rivalersi sul responsabile dell’inquinamento.

 

Acquirente di sito inquinato: come ottenere risarcimento

La compravendita di un sito inquinato espone l’acquirente ( = il proprietario) al rischio di non poterne disporre perché la contaminazione potrebbe impedire l’uso per cui l’area è stata acquistata e perché il proprietario si vede esposto alla sua sostanziale espropriazione. Nel caso in cui l’acquirente abbia maturato la consapevolezza del rischio, la gestione della fattispecie si risolve attraverso la previsioni di idonee garanzie contrattuali.

Ma se non si è arrivati ad avere le garanzie contrattuali, quali sono i rimedi?

Mancanza di qualità del bene venduto
Il venditore di un sito inquinato può essere ritenuto responsabile per i vizi (mancanza di qualità) del bene venduto (in base a Cassazione, sentenza 9 febbraio 2015, n. 239) e non può beneficiare della disposizione (articolo 1491 del Codice civile) che lo esonera dalla garanzia ove i vizi siano facilmente riconoscibili, posto che nel caso di vendita di sito contaminato non può ritenersi facilmente riconoscibile il vizio. L’acquirente può contestare al venditore anche la mancanza di qualità essenziali per l’uso a cui è destinata.

Ottenere un risarcimento ordinario del danno
Altra tutela dell’acquirente
è costituita dalla configurabilità di una vendita aliud pro alio, in cui il bene venduto è ritenuto completamente diverso da quello pattuito. È la tesi accolta dal Tribunale di Verona (sentenza 21 novembre 2012, n. 2491) e riguardava la vendita un terreno in cui erano stati riscontrati rifiuti idonei a rendere il sito inedificabile e i cui i costi di bonifica erano così elevati da rendere l’edificazione antieconomica.

Compravendita nulla a causa della mancata menzione dell’onere reale nel certificato di destinazione urbanistica
A tutela dell’acquirente è stata considerata anche la possibilità di ritenere nulla la compravendita di un terreno inquinato per la mancata menzione nel certificato di destinazione urbanistica (che deve accompagnare la compravendita di aree superiori a 5mila mq) dello stato di contaminazione del suolo.
La Cassazione (sentenza 2 febbraio 2012, n. 2982) ha però ritenuto che la tesi derivi dalla mancata allegazione del certificato e quindi non possa essere estesa a un’omissione nel contenuto stesso del certificato.

Danno extracontrattuale: risarcimento
Il proprietario incolpevole che non abbia eseguito la bonifica (che non può quindi agire nei confronti del responsabile per il recupero delle spese di bonifica) e che abbia perso la proprietà dell’area a seguito dell’azione della Pa, per ottenere il risarcimento del danno extracontrattuale può agire nei confronti del responsabile dell’inquinamento che non deve essere il venditore.

 

8891613219 Bonifica siti inquinati: come fa lacquirente a ottenere risarcimento? Una piccola guida.

I nuovi reati ambientali e le strategie difensive

Antonio Di Tullio D’Elisiis , 2015, Maggioli Editore

Il testo esamina nel dettaglio la legge 22 maggio 2015, n. 68 che estende gli illeciti penali in materia di tutela dell’ambiente.
La disamina è rivolta ad analizzare sia gli aspetti teorico-dogmatici che i profili di criticità per quello che la legge non prevede. Si…

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0985e09564e1e6aa9cf63254a8096d4c mg Bonifica siti inquinati: come fa lacquirente a ottenere risarcimento? Una piccola guida.

Recupero dei rifiuti e procedure semplificate

Busà Massimo, Cimellaro Antonino , 2014, Maggioli Editore

Nella vasta normativa in tema di rifiuti un posto preminente occupano le procedure semplificate che sono state oggetto nel tempo di svariati interventi giurisprudenziali e legislativi tra i quali ultimi si segnalano le disposizioni inserite, nel corpo dell’art. 216 del D.Lgs. 152/2006, dal…

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La facciata in carpenteria metallica del nuovo headquarter Zucchetti di Lodi

Torre Zucchetti sarà il nuovo quartier generale dell’azienda che si occupa di software per la gestione delle risorse umane. I lavori di ristrutturazione della sede esistente sono cominciati nel marzo scorso.

MV Architects ha ricevuto l’incarico da Zucchetti e ha elaborato uno studio sulla nuova torre, alta circa 60 metri. Il progetto prevede la costruzione di un grande involucro trasparente a forma minerale. Esso è lambito da una trama metallica esterna disegnata secondo le esigenze protettive dettate dalle diverse esposizioni solari. L’architettura del complesso genera un sistema riconoscibile grazie a un volume fluido e traslucido, rivestito dalla trama avvolgente.Un involucro naturale caratterizzato dalle sue linee vibranti: “onde cerebrali” pensate per rappresentare l’essenza del lavoro intellettuale.

torre zucchetti La facciata in carpenteria metallica del nuovo headquarter Zucchetti di Lodi

 

Il committente ha voluto che il progetto architettonico fosse teso al raggiungimento della certificazione LEED (Leadership in Energy and Environmental Design), un sistema di rating che promuove la sostenibilità ambientale.
La sostenibilità dell’idea progettuale è guidata da strategie combinate di risparmio energetico e di attenzione al benessere dei fruitori. In particolare vengono adottate soluzioni passive di elevato isolamento termico, ventilazione naturale attivata tramite camino solare, impiego di energie rinnovabili, protezione solare, diffusione del verde all’interno e all’esterno dell’edificio.

La carpenteria metallica. Lʼazienda MAP Carpenteria, di Cornaredo, realizzerà le opere strutturali e i rivestimenti in carpenteria metallica per conto di Ediltecno Restauri, general contractor dellʼintervento di ristrutturazione della torre uffici. L’intervento richiesto a MAP si articola su una serie di punti. A partire dalla palazzina esistente MAP si occuperà infatti della realizzazione dei rinforzi strutturali alle solette dei piani dal 2 al 14, necessari per la realizzazione dei punti di ancoraggio della struttura di facciata frangisole.

In sommità della palazzina sarà realizzata una struttura denominata “Pinna” per l’alloggio dei pannelli fotovoltaici. Dal piano 15 a scendere fino al 3, con l’ausilio di piattaforma, si eseguirà la posa della struttura del frangisole e successivamente il frangisole vero e proprio. All’interno della struttura, tra facciata e struttura stessa, verranno realizzate passerelle dotate di linea vita, funzionali per consentire le future attività di manutenzione.
Alle opere strutturali si aggiungono opere per il rivestimento di facciata negli angoli sud-est e sud-ovest e al piano terra, e varie altre di rilievo architettonico, come scale e parapetti, realizzate dalla stessa MAP Carpenteria.

www.mapcarpenteria.it

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È manutenzione straordinaria o no? Vale la legge in vigore al momento del titolo edilizio

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Il Consiglio di Stato con la sentenza n.4381/2015 depositata il 21 settembre afferma che la verifica di legittimità della manutenzione straordinaria o della ristrutturazione edilizia va effettuata con riferimento alla disciplina in vigore quando è stato rilasciato il titolo edilizio.

L’inserimento di un vano ascensore in posizione diversa da quella prevista con foratura delle volte a botte dell’edificio.

L’aumento dell’altezza dei vani depositi siti in terrazzo.

La modifica delle unità abitative al secondo piano con trasformazione di una singola unità in due appartamenti.

Questi interventi edilizi di questo tipo non sono di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo, tipologia edilizia che si può attribuire a interventi  meno invasivi. Il Consiglio di Stato risponde a un ricorrente preciso: nel momento in cui quest’ultimo ha ottenuto il titolo edilizio, questi interventi non erano classificabili “manutenzione straordinaria”.

Lo Sblocca Italia (legge 164/2014) permette l’applicabilità della categoria di manutenzione straordinaria modificativa dell’art.3 del dpr n.380/2001 (a cui si è appellato il ricorrente) ma, osserva il Consiglio di Stato, la verifica di legittimità va effettuata secondo il principio del tempus regit actum.

8891611345 È manutenzione straordinaria o no? Vale la legge in vigore al momento del titolo edilizio

Ristrutturare a basso impatto ambientale

Giovanna Mottura , 2015, Maggioli Editore

In edilizia sta diventando sempre più radicata l’opinione che senza un contenimento non solo dei consumi energetici ma anche dell’impatto del costruito sull’ambiente non sia possibile frenare l’ormai inarrestabile processo di declino della terra.<br…

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Lo sapete già, ma ripassiamo. Che differenza c’è tra ristrutturazione edilizia e manutenzione straordinaria/risanamento conservativo?

Ci aiuta Palazzo Spada, che per essere sicuri ricorda che “integrano gli estremi della ristrutturazione edilizia gli accorpamenti e i frazionamenti delle unità immobiliari e gli interventi che alterino l’originaria consistenza fisica dell’immobile con l’inserimento di nuovi impianti e la modifica di distribuzione di volumi (esattamente come avvenuto nel caso de quo)” mentre “la manutenzione straordinaria e il risanamento conservativo presuppongono la realizzazione di opere che lascino inalterata la struttura dell’edificio e la distribuzione interna della sua superficie”.

Le opere elencate sopra a titolo esemplificativo, comportano modifiche strutturali che impediscono di farle rientrare nella tipologia della manutenzione straordinaria e con la concessione in variante è stato autorizzato un intervento “nuovo” e diverso, non consentito dalla normativa urbanistica vigente.

In soldoni, bisogna sempre fare riferimento alla disciplina vigente al momento del rilascio del titolo edilizio: se il titolo edilizio è stato rilasciato dopo l’entrata in vigore dello Sblocca Italia, allora si seguono i dettami di quella Legge. Altrimenti, no.

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Formazione ingegneri: pericolo sanzioni per chi non raggiunge quota 30 Cfp annui

Formazione ingegneri

Avviso importante per tutti gli ingegneri iscritti all’Albo professionale: coloro che non dovessero riuscire a raggiungere nell’anno solare la quota di 30 crediti formativi professionali (i Cfp stabiliti secondo Regolamento) potrebbero rischiare una sanzione disciplinare irrogata dal consiglio di disciplina territoriale.

Ad affermarlo è una circolare del Consiglio Nazionale Ingegneri (CNI) giunta presso i vari Ordini provinciali: l’origine dell’ammonimento risiede nel fatto che, secondo le rilevazioni del CNI, “una percentuale non trascurabile di ingegneri iscritti non ha adempiuto all’obbligo di aggiornamento professionale per cui, all’inizio del prossimo anno, rischia di trovarsi al di sotto del numero minimo di 30 crediti”.

Il CNI ha affermato, reiterando un orientamento acclarato, che “nel caso in cui un iscritto compia un atto professionale senza essere in possesso del numero previsto di 30 Cfp, il Regolamento prevede il deferimento al Consiglio di disciplina che dovrà esaminare la situazione e decidere se applicare, in modo assolutamente autonomo e osservando le forme del procedimento, una sanzione disciplinare”.

In questo senso sono le fonti normative di settore a prevedere una stringente attenzione in tale ambito: il d.P.R. 137/2012 prescrive infatti ad ogni professionista, al fine di garantire la qualità ed efficienza della prestazione professionale, l’obbligo di curare il costante aggiornamento delle proprie competenze, precisando che “la violazione dell’obbligo costituisce illecito disciplinare”. Il codice deontologico di categoria, dal canto suo, afferma che “l’ingegnere deve costantemente aggiornare le proprie competenze professionali seguendo i percorsi di formazione professionale continua così come previsto dalla legge”.

In ulteriore istanza (e a rincarare la dose) il Regolamento per l’aggiornamento della competenza professionale dichiara che “per esercitare la professione l’iscritto all’albo deve essere in possesso di un minimo di 30 CFP” e che “qualora un iscritto abbia esercitato la professione senza aver assolto all’obbligo di aggiornamento della competenza professionale il Consiglio dell’Ordine territoriale di appartenenza è tenuto a deferirlo al Consiglio di Disciplina territoriale per le conseguenti azioni disciplinari”.

Leggi anche l’articolo Formazione ingegneri: le scadenze per i crediti in autocertificazione.

Il CNI ha evidenziato “in rosso” il seguente concetto: “Ogni situazione che potrebbe dar luogo all’apertura di un procedimento disciplinare, compresi i casi di violazione dell’obbligo di aggiornamento professionale, deve essere esaminata come caso a sé stante e che la sanzione disciplinare può eventualmente variare da un minimo (avvertimento) ad un massimo (sospensione/cancellazione dall’albo)”.

In conseguenza a ciò, ovviamente, la sanzione dovrà essere rapportata in maniera proporzionale alla gravità dell’obbligo professionale violato, tenendo conto di tutte le circostanze come la recidiva derivante dal ripetersi della violazione al Codice deontologico. Insomma occorre fare grande attenzione al corretto espletamento degli obblighi formativi professionali, pena il rischio addirittura, della cancellazione dall’albo.

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