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Fondi strutturali europei: accesso esteso anche ai professionisti

Fondi strutturali europei

Buone notizie dalla Legge di Stabilità 2016 per i liberi professionisti, anzi “una vittoria per tutti i liberi professionisti”. A esclamare queste parole è il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, il quale ha commentato in maniera molto positiva l’approvazione, avvenuta la scorsa settimana in Commissione Bilancio del Senato, di un emendamento alla Legge di Stabilità che estende anche ai professionisti la possibilità di accedere ai fondi strutturali europei. “Si tratta di un risultato storico che corona anni di sforzi della nostra Confederazione a livello comunitario, nazionale e regionale, ma soprattutto consentirà a tutti i professionisti, nessuno escluso, di poter accedere a risorse indispensabili per far crescere un settore economico strategico per lo sviluppo economico e sociale del Paese. A questo punto non ci sono più alibi per escludere i professionisti dai Piani operativi regionali e nazionali della programmazione 2014/2020 dei fondi strutturali europei”.

“Con l’approvazione dell’emendamento alla Legge di Stabilità, il Parlamento italiano ha finalmente riconosciuto quanto già sostenuto dalle istituzioni comunitarie che, attraverso la Raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE e il Regolamento Ue 1303/2013, avevano già superato la distinzione giuridica tra Pmi e professionisti considerando impresa qualsiasi entità che svolga un’attività economica – prosegue il presidente Stella. – Fatta salva la natura intellettuale dell’attività professionale, la proposta di Confprofessioni, condivisa da tutte le forze parlamentari, mette sullo stesso piano i liberi professionisti alle piccole e medie imprese per quanto attiene l’accesso ai fondi strutturali europei FSE e FESR. Un passaggio obbligato per evitare atteggiamenti ambigui e non uniformi a livello regionale e cancellare qualsiasi discriminazione ai danni dei liberi professionisti”.

Leggi anche l’articolo Assicurazione professionale: i 7 Must che la polizza deve contenere.

Un risultato che è il frutto evidente di un “intenso lavoro corale di Confprofessioni e di quanti hanno sostenuto la nostra battaglia, a cominciare dal vicepresidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, che nel 2014 ha avuto la sensibilità e la lungimiranza di lanciare le Linee d’azione per sostenere l’attività delle professioni liberali, dove per la prima volta i professionisti vengono riconosciuti a tutti gli effetti destinatari dei fondi europei” aggiunge il numero uno di Confprofessioni.

“Accogliamo questa equiparazione con estrema soddisfazione – ha dichiarato con entusiasmo Armando Zambrano, Coordinatore della Rete delle Professioni Tecniche -. La chiedevamo da tempo, anche sulla scorta della normativa europea che invita i singoli stati ad equiparare i professionisti alla più ampia categoria di operatori economici, ai fini di consentire l’accesso ai finanziamenti anche europei”.

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Le nuove polizze per i professionisti tecnici

Sonia Lazzini , 2013, Maggioli Editore

Il libero professionista tecnico, di solito, nulla sa di assicurazioni (e magari preferirebbe non doversene mai occupare). Una legge, però, gli impone di contrarre “un’idonea assicurazione per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale” entro il 13 agosto 2013. <br…

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Il grattacielo più alto del mondo? La Kingdom Tower, tra qualche anno

Kingdom Tower

L’edificio più alto nel mondo? Fino ad oggi il primato appartiene al Burj Khalifa, il grattacielo gigante sorto a Dubai tra il 2004 e il 2009. Ma il suo record di altezza (829 metri di meravigliosa megastruttura) è destinato ad essere polverizzato da un nuovo incredibile edificio in costruzione in questo momento a Gedda, città costiera dell’Arabia Saudita posta nelle vicinanze de La Mecca. Una “battaglia” tra vicini di casa quindi, con le grandi costruzioni che si affollano tutte nei territori posti intorno al Golfo.

Il nuovo edificio è denominato Kingdom Tower. Quando sarà ultimato farà confluire a sé un doppio record di dimensioni: sarà contemporaneamente l’edificio più alto del mondo e l’albergo più grande esistente sul pianeta Terra. Misurerà infatti circa mille metri ma l’altezza precisa è mantenuta segreta dai progettisti per evitare che siano avviati altri progetti per superare in tempi brevi il loro record. Il grattacielo sarà quindi di circa 170 metri più alto del Burj Khalifa. L’architetto della Kingdom Tower e del Burj Khalifa è lo stesso, e cioè lo statunitense Adrian Smith. L’operazione è finanziata da Kingdom Holding Company, la più grande società dell’Arabia Saudita. La torre comprenderà hotel, uffici e appartamenti e dovrebbe essere conclusa entro il 2019. Quindi ancora 4 anni di tempo prima che il record sia abbattuto.

La Kingdom Tower avrà 200 piani e al 157esimo piano avrà una grande piattaforma circolare che farà da terrazzo. Si stima che per l’intera costruzione del grattacielo saranno necessari 1,23 miliardi di dollari e che l’edificio richiederà l’utilizzo di almeno 80mila tonnellate di acciaio per la sua struttura. Il grattacielo è stato progettato con una forma molto affusolata, studiata appositamente per ridurre i carichi dovuti all’impatto dei venti sulla sua superficie, soprattutto alle quote più alte. A parere dei progettisti, la Kingdom Tower sarà visibile a chilometri di distanza come una pianta del deserto, “forte e resistente che si proietta nel futuro come l’Arabia Saudita”.

Leggi l’interessante reportage del Guardian sulla costruzione della Kingdom Tower, anche per comprendere il significato di questo edificio per il futuro delle nostre città.

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Abusi edilizi in zona agricola, quale sarà il destino dei manufatti?

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Sono numerosi i casi di abusi edilizi in zona agricola, nelle diverse zone omogenee del territorio. Molti dei quali, sulla base della consistenza e della tipologia di abuso, possono essere sanati in attuazione delle norme sui reati edilizi, con l’applicazione delle relative sanzioni amministrative e pecuniarie.

Ci sono però delle tipologie di abuso non compatibili con le misure sanzionatorie previste dalla vigente legislazione e, pertanto, non si possono regolarizzare. Ma cosa accade quando l’opera abusiva non è suscettibile di sanatoria?

L’amministrazione competente per territorio emette il provvedimento di contestazione delle opere eseguite in difformità o in assenza di specifico titolo abilitativo edilizio, formulato sulla base dell’accertamento tecnico di vigilanza. A tale provvedimento segue la demolizione delle opere in contestazione, da parte del titolare degli abusi e, in caso di inerzia, provvede l’amministrazione procedente, nei modi e nelle forme previste dalle norme di riferimento, e a spese del responsabile degli abusi perpetrati.

La giurisprudenza afferma che  i manufatti non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti, vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la rimovibilità della struttura e l’assenza di opere murarie, posto che il manufatto non precario non è deputato ad un suo uso per fini contingenti, ma è destinato ad un utilizzo destinato ad essere reiterato nel tempo in quanto stagionale. (Consiglio di Stato, Sez. IV, 3 giugno 2014, n. 2842).

Inoltre, non vi è dubbio sull’assenza della natura pertinenziale, ai fini edilizi, quando sia realizzato un nuovo volume, su un’area diversa e ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio essendo ravvisabile la natura pertinenziale solo quando si tratti: a) di opere che non comportino un nuovo volume, come una tettoia o un porticato aperto da tre lati; b) di opere che comportino un nuovo e modesto volume tecnico, confermandosi con ciò, in definitiva, che devono essere tali da non alterare in modo significativo l’assetto del territorio o incidere sul carico urbanistico, caratteristiche queste la cui sussistenza deve essere peraltro dimostrata dall’interessato. (Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 gennaio 2015, n. 406).

Nella fattispecie esaminata dal Consiglio di Stato, il terreno su cui sono stati realizzati gli interventi ha natura agricola e consistono in:
ampliamento del fabbricato condonato esistente modificato mediante realizzazione di una veranda chiusa con vetri, utilizzata quale ufficio;
prefabbricato in pannelli di alluminio coibentati dotato di porta e finestra in alluminio e vetro ad uso spogliatoio e ricreativo, appoggiato su traversine in cemento;
buca in calcestruzzo per la riparazione dei mezzi di trasporto, avente profondità di circa 1,5 metri;
servizio igienico prefabbricato ancorato al suolo;
– sei strutture tipo box, in lamiera e legno, appoggiati su una platea in calcestruzzo;
– tre porticati adiacenti alle baracche, appoggiati o ancorati a platea in calcestruzzo;
– tre container in lamiera, usati come deposito e appoggiati anch’essi ad una platea in calcestruzzo;
serbatoio del gasolio, coperto da una tettoia appoggiata su un basamento in cemento;
pavimentazione in ghiaia rullata e cemento di vasta parte del compendio.

È sufficiente la descrizione delle opere cui sono stati attribuiti gli abusi edilizi in zona agricola per comprendere come si tratti di interventi che non possono definirsi né precari né pertinenziali, con conseguente necessità del permesso di costruire per la loro realizzazione. (Consiglio di Stato, Sez. VI, del 4 settembre 2015, n. 4124).

Leggi anche Condominio e abusi edilizi: il TAR chiarisce il nodo delle parti comuni.

 

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Abusi e reati edilizi

Nicola D’Angelo , 2014, Maggioli Editore

L’opera, aggiornata al D.L. 28 marzo 2014, n. 47, convertito con modificazioni in L. 23 marzo 2014, n. 80 che è intervenuto sul d.P.R. 380/2001 ed al D.L. 31 maggio 2014, n. 83 (in vigore dal 01-06-2014) che ha modificato il D.Lgs. 42/2004,…

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Legge di Stabilità 2016: le 6 novità da conoscere in materia di casa

Legge di Stabilità 2016

La Legge di Stabilità 2016 attraversa il tortuoso passaggio in commissione Bilancio e approda finalmente all’Aula del Senato che tra oggi e domani darà il suo primo ok al testo con il ricorso da parte del Governo alla fiducia (che dovrebbe essere votata proprio oggi). Il via libera è giunto ieri con il mandato alle relatrici, Magda Zanoni (Pd) e Federica Chiavaroli (Ap). I voti favorevoli in commissione sono stati 15, i contrari 10.

Ma quali sono i principali elementi di interesse in materia di casa (ed energia) contenuti nel testo della Manovra 2016? Ecco un sintetico riassunto dello stato delle cose in merito ai 6 punti-chiave in materia.

1. Ok all’esenzione TASI sulle case date in comodato d’uso a figli o genitori: per poter usufruire di tale agevolazione, il proprietario dell’abitazione non deve possedere un altro immobile ad uso abitativo in Italia e nel 2015 deve aver abitato nella casa da cedere in comodato d’uso. Dall’altro lato, colui che riceve la casa in comodato deve adibirla ad abitazione principale.

2. Come anticipavamo ieri su queste pagine, via libera allo sconto del 25% sull’IMU per chi affitta la seconda casa a canone concordato. Attraverso tale misura, i canoni concordati recuperano il vantaggio fiscale che era stato azzerato negli ultimi 3 anni quando, con il passaggio dall’ICI all’IMU e la riduzione delle agevolazioni d’imposta sugli affitti.

3. Stop alle tasse sulla casa per 3 categorie differenti: i separati che lasciano l’abitazione principale all’ex coniuge, le forze dell’ordine trasferite e per gli alloggi sociali.

4. Ok all’estensione dell’imposta agevolata di registro al 2% per l’acquisto della prima casa anche a chi al momento del rogito possieda già un immobile ma lo vende entro un anno.

5. Si alza la guardia contro gli affitti in nero: a partire dal 2016 diventa nullo ogni accordo che preveda che il canone sia superiore a quello registrato (entro 30 giorni dalla stipula del contratto) con la possibilità per gli affittuari di chiedere alla riconsegna dell’immobile la restituzione delle maggiori somme corrisposte.

6. Ripristino al 22% dell’IVA sul pellet che il testo originario della Stabilità aveva fatto scendere al 10%.

Ora il passaggio al Senato prima del “rush” finale alla Camera previsto per le prossime settimane.

copertina iva Legge di Stabilità 2016: le 6 novità da conoscere in materia di casa

Iva in edilizia: come applicarla

Lisa De Simone , 2014, Maggioli Editore

Questo ebook affronta in modo operativo le problematiche relative alla gestione dell’IVA nel mondo dell’edilizia e degli immobili,Oltre al commento delle singole fattispecie è presente, per maggiore supporto pratico, una sezione di casi risolti. L’esposizione viene…

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Antincendio: i professionisti effettuano formazione e aggiornamento?

Antincendio

Gli ingegneri sono la categoria che più di ogni altra accoglie al suo interno professionisti specializzati nell’antincendio: il 53% dei professionisti di tale settore iscritti negli elenchi del Ministero dell’Interno sono infatti ingegneri. È uno dei dati che affiorano dall’analisi operata dal team di lavoro “sicurezza” del Consiglio Nazionale Ingegneri coordinato dall’Ing. Gaetano Fede (in base ai dati degli elenchi dei professionisti antincendio con i relativi crediti formativi maturati, dei Vigili del Fuoco) e confluita nella circolare CNI n. 627 del 17 novembre 2015.

Le categorie degli ingegneri e dei periti industriali risultano in questo senso le più assidue nell’organizzazione e nella frequenza di corsi e seminari di aggiornamento: questa la sintesi effettuata “prima facie” dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri all’interno della circolare.

Un altro dato rilevante, e molto più preoccupante, emerso dallo studio è quello che traccia un’impietosa istantanea dello stato dell’aggiornamento dei professionisti stessi: più del 69% di questi ultimi, a meno di un anno dalla scadenza dell’obbligo di aggiornamento, non ha frequentato neanche un’ora di formazione.

Il decreto ministeriale 5 agosto 2011 e la circolare dei Vigili del Fuoco 7213/2012, regolano infatti la formazione e l’aggiornamento per i professionisti che si occupano di prevenzione incendi, prescrivendo che per il mantenimento dell’iscrizione negli elenchi del Ministero dell’Interno sia necessario che gli iscritti frequentino corsi di aggiornamento della durata complessiva di almeno 40 ore nell’arco di 5 anni.

Scopri la Guida operativa di Ediltecnico sulla nuova prevenzione incendi, a cusa dell’Ing. Lommano.

Dall’analisi targata CNI emerge che la fascia d’età più aggiornata in materia di antincendio è quella tra i 36 e i 55 anni, anche se solo il 2,2% degli ingegneri ha già completato le 40 ore di aggiornamento obbligatorio.

Inoltre, come spiegato in apertura, il 69,2% degli ingegneri non ha frequentato nemmeno un’ora di aggiornamento: anche se il dato varia in maniera rilevante tra le varie regioni (con il Veneto, ad esempio, in cui circa il 25% ha frequentato almeno 20 ore di aggiornamento).

Nel frattempo la materia della prevenzione incendi sta andando incontro a importanti cambiamenti. Per comprenderli in sintesi leggi anche l’articolo Norme tecniche prevenzione incendi: dal 18 novembre in vigore.

Per il Consiglio Nazionale Ingeneri “la consistenza percentuale di ingegneri che, ad un anno dalla scadenza del quinquennio di riferimento, non ha registrato alcun credito formativo rappresenta la conferma che una quota significativa di ingegneri iscritti agli elenchi non svolge attività di prevenzione incendi, ovvero intende abbandonare questa disciplina”. Il CNI infatti effettua la previsione che circa il 40-50% degli ingegneri iscritti negli elenchi del Ministero dell’Interno non soddisfarà l’obbligo di aggiornamento.

Per scongiurare tale possibile accadimento la suddetta circolare del CNI incita e orienta in maniera eloquente i vari Ordini degli ingegneri ad incrementare ulteriormente l’offerta formativa in vista della scadenza del quinquennio di riferimento.

lommano e Antincendio: i professionisti effettuano formazione e aggiornamento?

Prevenzione incendi – Le nuove norme tecniche del d.m. 3 agosto 2015

A. M. Lommano , 2015, Maggioli Editore

L’ebook presenta le novità introdotte dal d.m. 3 agosto 2015. Il decreto, frutto di un lungo processo di elaborazione da parte del Ministero, è orientato a semplificare e razionalizzare l’attuale corpo normativo relativo alla prevenzione degli…

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Rigenerazione urbana: l’orizzonte operativo delineato dall’INU

Rigenerazione urbana

Una proposta operativa per potenziare e calibrare gli strumenti tecnici, fiscali e normativi e renderli utili per rigenerare parti di città. Una proposta per fare salire di livello “l’industria della rigenerazione urbana”, dalla dimensione micro dove è attiva e produttiva (sostenuta dall’efficacia dell’Ecobonus per la riqualificazione energetica e del Bonus per le ristrutturazioni edilizie) a una scala più ampia, che guardi ai quartieri e alle aree urbane. A presentare tale punto di vista è l’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU), all’interno della dodicesima edizione di Urbanpromo, alla Triennale di Milano.

Si parte dal d.m. 1444/1968, quello idoneo a fissare gli standard da applicare per la realizzazione di pezzi di città. In questo provvedimento si afferma che al momento di costruire nuove parti di città ogni nuovo abitante ha diritto a 18 metri quadri complessivi di parcheggi, verde pubblico, scuole e attrezzature collettive in generale. Una grande conquista per l’urbanistica, perché ha sancito l’ineludibilità della città pubblica.

Oggi, tuttavia, il mondo è cambiato, l’edilizia è in mutamento, e viene riconosciuto da più parti che occorre orientarsi verso l’evidente obiettivo di riqualificazione della città esistente piuttosto che sull’espansione. Occorrono, afferma l’INU, nuovi standard che non cancellino quelli esistenti ma che ne costituiscano in qualche modo un perfezionamento alla luce delle nuove tendenze ma anche dei nuovi bisogni dei cittadini.

I nuovi standard, quindi, dovrebbero essere in grado di stabilire nuovi parametri e renderli misurabili: parametri come la qualità dei suoli, la resilienza naturale e sociale, il grado di innovazione  tecnologica. Una volta stabiliti questi parametri e i criteri di misurazione si possono stabilire dei livelli minimi da conseguire, che i singoli Comuni possono adottare come riferimenti al momento di dare  il via agli interventi. Sono i Comuni, quindi, in futuro attraverso  piani urbanistici rinnovati e innovativi a dare il via alle operazioni di riqualificazione.

Leggi anche Riqualificazione urbana: un cambio di direzione per creare sviluppo.

Su queste aree delimitate andrebbero applicati nuovi incentivi fiscali, una evoluzione degli attuali incentivi per l’edilizia (Ecobonus e Bonus ristrutturazioni), da integrare quindi con le risorse dei cittadini e con fondi europei, che otterrebbero quindi il risultato di andare a beneficio di porzioni unitarie di città e che  sarebbero più in grado di attrarre le risorse private delle imprese e delle Esco. Incentivi da modulare per interventi sulla base dei parametri dei nuovi standard, che quindi aiuterebbero a intervenire su  fattori come la qualità dei suoli, sulla prevenzione dal rischio  idrogeologico, sulla qualità della rete Internet, sulla mitigazione  dei rischi ambientali, sull’inclusione sociale.

La proposta è parte del Progetto Paese che l’INU presenterà a Cagliari al suo XXIX Congresso, il 29 e il 30 aprile prossimi. Nel convegno svoltosi ieri a Urbanpromo oltre alla presidente INU Silvia Viviani, che ha illustrato  la proposta, sono intervenuti soggetti e organizzazioni che stanno sperimentando strumenti che, una volta affinati e definiti, potrebbero  costituire la base da utilizzare per calcolare standard e prestazioni  alla luce delle nuove regole.

Il direttore del CRESME Lorenzo Bellicini ha parlato dell’idea del “Rinascimento urbano”, che fa leva sull’utilizzo dei fondi europei e su direttrici riconosciute anche a livello comunitario, come l’efficienza energetica e la Smart city, per arrivare a muovere risorse per la riqualificazione di pezzi di città piuttosto che di singole unità immobiliari, chiamando a raccolta le imprese con bandi di manifestazione di interesse. Francesco Musco dello IUAV ha parlato delle sperimentazioni in corso per la misurazione dell’efficacia degli  interventi per migliorare l’adattamento climatico delle città, mentre Fabio Terribile ha illustrato lo stato di avanzamento di “Soil  Monitor”, realizzato dal centro di ricerca CRISP (Università di Napoli  Federico II e CNR) con la collaborazione di Ispra, di Geosolutions e  dell’Istituto Nazionale di Urbanistica. Soil Monitor fornirà in tempo reale report sullo stato e sull’uso del suolo delle aree dove si vuole intervenire, per permettere di calibrare gli interventi di rigenerazione.

8891608567 Rigenerazione urbana: l’orizzonte operativo delineato dall’INU

Piano e progetto di area verde

Alessandro Toccolini , 2015, Maggioli Editore

Il volume si presenta come un manuale di pianificazione e di progettazione delle aree verdi, intese nel loro significato più completo e in una visione unitaria che spazia dalle aree naturali al verde agricolo, dal verde urbano alle aree di frangia metropolitana, al verde con funzione…

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IMU e TASI, arriva l’esenzione sulla casa affittata a canone concordato

IMU e TASI

Il canone concordato balza agli onori delle cronache delle operazioni effettuate in questi giorni sulle misure che riguarderanno le tasse sulla casa (le famigerate IMU e TASI) nel 2016. All’interno della foresta di emendamenti che in questi giorni stanno prendendo forma all’interno della Legge di Stabilità 2016 si concretizzano infatti all’orizzonte nuovi sconti per le tasse sulla abitazione, con particolare riferimento agli immobili dati in locazione a canone concordato.

Il correttivo redatto dalle relatrici Madga Zanoni del Pd e Federica Chiavaroli di Alleanza Popolare concerne circa 400mila immobili concessi a canone calmierato nelle città “ad alta tensione abitativa” (su proposta di Confedilizia) è lineare, e prevede un tetto al 4 per mille per la somma di IMU e TASI. Attraverso tale misura, i canoni concordati recuperano il vantaggio fiscale che era stato azzerato negli ultimi 3 anni quando, con il passaggio dall’ICI all’IMU e la riduzione delle agevolazioni d’imposta sugli affitti, il conto a carico dei proprietari era cresciuto anche di dieci volte.

Tra IMU e TASI al 4 per mille e cedolare sugli affitti scesa al 10%, fa di nuovo capolino la convenienza fiscale che consente al proprietario di rinunciare al canone di mercato senza andare in perdita, e quindi torna la possibilità concreta di utilizzare uno strumento molto utile per le famiglie a basso reddito.

Leggi anche l’articolo Legge di Stabilità 2016: piccola guida all’Ecobonus dell’anno prossimo.

La Legge di Stabilità 2016 introdurrà novità anche con riferimento al destino fiscale delle case concesse in comodato, una condizione che secondo l’ISTAT riguarda l’8% degli italiani. Da questo angolo visuale, tuttavia, le notizie non sono esattamente positive per i cittadini, poiché la manovra prevede l’esenzione per le case non di lusso (cioè fuori dalle solite categorie catastali A/1, A/8 e A/9) con contratto di comodato registrato, ma la vincola a due condizioni che rischiano di escludere la stragrande maggioranza dei potenziali interessati: per evitare l’imposta, infatti, il “comodante”, ovverosia colui che concede l’immobile gratuitamente ai figli o ai genitori, deve aver utilizzato la casa in questione come abitazione principale nel 2015, e non deve possedere alcun altro immobile abitativo in tutta Italia.

Leggi anche IMU e TASI 2016: stop sulla prima casa ufficiale.

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Settimo Ciclo Edilizio, Cresme: è il Risveglio dell’Edilizia

forza

Nel 2016 entreremo nel Settimo Ciclo Edilizio: le opere pubbliche dovrebbero segnare un +4%  e dovrebbero così trainare il settore delle costruzioni fuori della crisi. La crescita stimata per il prossimo anno è del  2,2%.

Parola di Cresme: il Rapporto congiunturale 2016 sarà presentato martedì prossimo al Politecnico di Milano. “Ci sono ormai molti segnali che stiamo entrando nel Settimo Ciclo Edilizio” ha dichiarato il Direttore, Lorenzo Bellicini. Ma cos’è il Settimo Ciclo Edilizio?

Le caratteristiche innovative del settimo ciclo edilizio

Sempre Bellicini: “I primi cinque anni di questo nuovo ciclo edilizio saranno prevalentemente anni di forte adattamento per il settore tradizionale. Ma poi si imporrà via via una vera rivoluzione cui è necessario prepararsi, però, da subito. L’edilizia vivrà, nel corso di questo ciclo, la sua seconda rivoluzione industriale dopo quella del cemento armato del 19° secolo. L’innovazione che sta trasformando oggi l’industria, quella che passa con il nome di ‘industria 4.0’, entrerà anche nel campo dell’edilizia in modo massiccio e comporterà un effetto molto forte in termini di cambiamento radicale del mercato”.

Sarà necessario, ancora più di quanto non lo sia già oggi, stare al passo con le innovazioni.

Ma vediamo a che punto siamo della ripresa. Per le opere pubbliche, stanno partendo i programmi preannunciati, come quello sull’edilizia scolastica. La conferma della ripartenza dei lavori pubblici è l’accelerazione delle vendite delle macchine di movimento terra.
Abbiamo poi segnali fondamentali di ripresa dell’occupazione che vengono confermati anche dalle recenti rilevazioni dell’Istat.

Previsioni positive anche per il non residenziale privato (uffici, capannoni, stabilimenti): +1,9% per il nuovo e +2,4% per il rinnovo.

Il settimo ciclo edilizio si concentrerà (ancora) sul business della riqualificazione. Prosegue però Bellicini: “Due fattori vanno segnalati su questo comparto: il primo è che registriamo un segnale contro corrente, di parziale ritorno al nero dopo gli anni caratterizzati da una forte emersione dal nero; il secondo è che, a questo punto, un vero rilancio della riqualificazione potrà arrivare soltanto se si spoterà il baricentro dalla microriqualificazione abitativa urbana a quella su scala maggiore». La previsione per il rinnovo nel settore residenziale resterà comunque positivo a +1,5%”.

Ancora fermissimo il settore nuovo abitativo, grande assente della ripresa: per il 2016 il nuovo residenziale resta con il segno negativo a -0,4%. Nonostante questo vuoto, si registrano i primi casi di smaltimento dell’invenduto, buon motivo di speranza di ripresa nel nuovo contesto: il Settimo ciclo edilizio.

 

8891605900 Settimo Ciclo Edilizio, Cresme: è il Risveglio dellEdilizia

Progettare e riqualificare le pareti per ?l’efficienza energetica

Jonathan Giuseppe Gorgone – Giuseppe Messina – Fabrizio Russo , 2015, Maggioli Editore

Il volume analizza nel dettaglio le chiusure verticali opache (pareti) e trasparenti (finestre), strutturandone lo  studio in due diverse sezioni. Nella prima parte, più teorica, vengono inizialmente trattate le caratteristiche principali delle componenti di involucro opache e…

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Banca delle soluzioni per la sicurezza sul lavoro: di cosa si tratta?

Ambienti confinati

Il fondamentale tema della riduzione del rischio negli ambienti di lavoro è posto al centro del Convegno organizzato dal Dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università di Bologna e dall’AUSL Bologna e patrocinato dalla Regione Emilia Romagna intitolato Soluzioni tecnologiche per l’eliminazione o la riduzione del rischio per ambienti di lavoro confinati e per il sovraccarico biomeccanico. L’evento si terrà il prossimo 27 novembre a Bologna.

Il convegno analizza l’importante tematica portando alla luce il modus operandi del gruppo di lavoro “Banca delle Soluzioni”, team che nasce nel marzo 2014 con lo scopo di individuare soluzioni tecniche e tecnologiche in grado di eliminare, ridurre o limitare il rischio in condizioni lavorative particolarmente critiche per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Il gruppo di lavoro è frutto della collaborazione tra AUSL Bologna e il Dipartimento di Ingegneria Industriale (DIN) della Scuola di Ingegneria e Architettura dell’Università di Bologna e si avvale della collaborazione di enti preposti alla sicurezza della Regione Emilia Romagna, come AUSL Bologna, AUSL Modena, AUSL Parma, AUSL Reggio Emilia, AUSL della Romagna, Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Bologna, Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco dell’Emilia Romagna, Direzione Territoriale del Lavoro di Bologna, INAIL regionale, Ordine degli Ingegneri della Provincia di Bologna.

Il convegno si svolgerà venerdì 27 novembre dalle ore 8,30 alle ore 13,30 presso l’Aula Magna della Scuola di Farmacia, Biotecnologie e Scienze Motorie dell’Università di Bologna, presso Via della Beverara 123/1.

Per tutte le info e per compilare il form di iscrizione cliccare qui.

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Riforma Appalti, ok definitivo della Camera: ecco cosa cambia dal 2016

Riforma Appalti

Con l’ok della Camera giunto nella giornata di ieri il testo di legge delega in materia di Riforma Appalti arriva a un passo dall’approvazione finale. Un percorso lungo e accidentato quello attraversato da un provvedimento davvero importante per il sistema delle opere pubbliche nel nostro paese: con 343 si, 78 contrari e 25 astenuti, la Camera ha dato il via libera a quello che sarà al 99% il testo definitivo che reggerà la materia nei prossimi anni. I tempi stretti per il recepimento delle nuove direttive europee (da importare nel nostro ordinamento entro la data improgabile del 18 aprile 2016), non lasciano infatti spazio per ulteriori modifiche in terza lettura a Palazzo Madama.

“Sta per iniziare in l’Italia una nuova stagione di trasparenza, efficienza, qualità, partecipazione, tempi e regole certi nei lavori pubblici. E soprattutto non si parlerà più di grandi o piccole opere, ma solo di opere utili al Paese”. Le parole appartengono ad Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici della Camera, che ha commentato l’ok con entusiasmo.

“Si tratta di una buonissima notizia per il sistema dei lavori pubblici italiani – ha affermato a caldo il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio -, è una riforma che vuol dire trasparenza, efficacia, buon utilizzo dei soldi pubblici e non più zone opache”. Nelle parole del ministro il nuovo codice dovrebbe essere operativo entro il giugno 2016.

Le novità dell’ultim’ora
Tra le correzioni elaborate a Montecitorio in quest’ultima “tranche” di votazioni emerge in particolare la scelta di lasciare al governo due differenti percorsi per varare la riforma. La prima è quella di varare due decreti. Uno entro il 18 aprile 2016 per recepire le nuove direttive comunitarie su appalti, concessioni e settori esclusi, senza incorrere nelle sanzioni europee per l’eventuale sforamento dei termini. Un altro entro il 31 luglio 2016 per riformare l’intero sistema. L’altra strada – quella forse più logica e probabile, a questo punto – è di varare un unico decreto che tenga insieme il recepimento e il riordino del sistema entro la data del 18 aprile 2016.

Viene quindi confermato il definitivo addio al vecchio regolamento appalti (il d.P.R. 207/2010): tale provvedimento sarà sostituito da linee guida molto più flessibili proposte dall’ANAC e approvate con un decreto del ministero delle Infrastrutture. “Il nuovo codice sarà il primo caso italiano di quella che gli inglesi chiamano soft law, una legislazione molto leggera in questa miriade di commi e di articoli”, ha chiosato Delrio.

Tra le altre modifiche intercorse in quest’ultima fase va segnalato l’alleggerimento dei vincoli sull’appalto integrato di progetto e lavori (eliminato il vincolo che ne limitava il ricorso agli appalti con contenuto tecnologico superiore al 70% dell’importo del contratto) e nuove misure che prevedono il pagamento diretto delle Pmi coinvolte nei subappalti.

Importante inoltre il palesarsi della richiesta di intervento sul processo amministrativo con un’ulteriore stretta sui ricorsi al TAR, nel tentativo di limitare al massimo la vocazione ai ricorsi che affligge il settore. Viene poi introdotto un rito speciale in camera di consiglio per la risoluzione immediata del contenzioso relativo all’esclusioni dalla gara per carenza dei requisiti, rendendo impossibile contestare dopo i provvedimenti della stazione appaltante relativi a questa fase di gara.

Il nucleo della Riforma Appalti
Osservando ad ampio raggio il senso generale della Riforma Appalti si comprende chiaramente come il nodo del provvedimento stia nell’estensione e rafforzamento dei poteri affidati all’ANAC.

Leggi anche l’articolo Il decalogo delle novità più importanti nella Riforma degli Appalti.

Inoltre, per quel che in questa sede più interessa, al fine di porre un argine alla deriva dei tempi infiniti in materia di cantieri sopraggiunge la stretta sulle varianti da cui passa l’aumento dei costi in due casi su tre nelle grandi opere, con la possibilità di rescindere il contratto oltre certe soglie di importo. Anche le infrastrutture dovranno adeguarsi a costi standard (con progetti definiti prima di arrivare al cantiere). La delega investe sulla valorizzazione dei progetti, vietando le aggiudicazioni al massimo ribasso. Anche per i lavori l’opzione massimo ribasso diventa residuale, mentre il criterio normale di assegnazione degli appalti diventa quello dell’offerta più vantaggiosa.

Le grandi opere dovranno inoltre essere in grado di guadagnarsi il consenso sul campo (tramite il cosiddetto “débat public”), mentre le imprese saranno valutate anche sulla base della reputazione guadagnata in cantiere (rispetto dei tempi e bassa vocazione al contenzioso) legata al rating di legalità.

Leggi la nostra intervista esclusiva ad Ermete Realacci intitolata Grandi opere, EXPO e l’importanza della condivisione, in cui il presidente della commissione Ambiente esprime il suo parere sul precorso di riforma.

Arrivano inoltre cambiamenti anche per la qualificazione delle imprese, con la previsione di una disciplina specifica per la decadenza e la sospensione dei certificati che abilitano al mercato dei lavori pubblici (attestazioni SOA), con particolare riferimento ai casi di fallimento o concordato.

8891611376 Riforma Appalti, ok definitivo della Camera: ecco cosa cambia dal 2016

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