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Tecnici dipendenti dei Comuni, niente rimborso dell’iscrizione all’Albo

rimborsi

Affrontiamo oggi un tema non complesso ma variegato: il rimborso delle spese d’iscrizione all’Albo dei Professionisti tecnici dipendenti dei Comuni. La Giurisprudenza è molto chiara in merito (per questo la materia non è complessa) e distingue tra avvocati da una parte e architetti, ingegneri e geometri dall’altra (per questa è variegata e per questo può causare misunderstanding).

L’articolo 1 della Legge 897/1938 prevede per alcune categorie tra cui quella degli ingegneri, architetti e geometri, l’impossibilità di esercitare la professione in mancanza dell’iscrizione all’albo professionale. Il codice dei contratti all’art.90 comma 4 lettera a) indica tra i soggetti titolati alla progettazione interna (progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva di lavori, direzione dei lavori e incarichi di supporto tecnico-amministrativo) per le amministrazioni pubbliche gli uffici tecnici delle stazioni appaltanti.

Inoltre prevede che i progetti siano firmati da tecnici dipendenti dei Comuni abilitati all’esercizio della professione. Le amministrazioni aggiudicatici possono affidare (art.90 comma 6) la redazione del progetto preliminare, definitivo ed esecutivo, nonché lo svolgimento di attività tecnico-amministrative connesse alla progettazione, ai soggetti esterni che, ai sensi dell’art 90, comma 7, devono essere iscritti negli appositi albi.

L’Anac con parere AG 15/10 ha affermato che sia per il collaudo tecnico amministrativo che per il collaudo statico delle opere pubbliche non è necessaria l’iscrizione all’albo dei pubblici dipendenti.

L’AVCP con parere AG 6/2012 ha affermato che per gli architetti delle società in house, come per gli architetti delle pubbliche amministrazioni che si occupano di progettazione interna di opere pubbliche, non è richiesta l’iscrizione all’albo.

Abbiamo interrogato il nostro esperto (del sito ilpersonale.it) sulle questioni più interessanti per i tecnici legate a questo tema.

 

Su chi deve gravare l’onere d’iscrizione? Sul professionista dipendente o sull’amministrazione?

Le Sezioni Riunite della Corte dei Conti (deliberazione n.1/2011) e la Corte dei Conti Toscana (deliberazione 162/2015) ha emesso pronuncia di in ammissibilità oggettiva perché la questione presuppone la risoluzione di una questione di stretta interpretazione normativa e solo indirettamente potrebbe ricondursi alla materia della contabilità pubblica.

La Cassazione Civ. Sez. lavoro (sentenza 7776 del 16/04/2015) ha stabilito che le spese sostenute da lavoratore nell’esclusivo interesse del datore di lavoro devono essere rimborsate al dipendente.

Il professionista dipendente di un ente locale, che è stato assunto nel profilo professionale di architetto o ingegnere e che è impiegato nel settore delle opere pubbliche è obbligato ad essere iscritto all’albo? E il dipendente inquadrato nel medesimo profilo e che si occupa di urbanistica nell’ente locale è obbligato all’iscrizione all’albo?

 

La pubblica amministrazione è tenuta o meno a rimborsare al proprio dipendente la tassa d’iscrizione al rispettivo Albo professionale?

La sentenza Sentenza della Corte di Cassazione n.7776 è formulata in senso favorevole al dipendente pubblico AVVOCATO disponendo che a favore di questo ultimo fossero rimborsate tutte le tasse versate da quando era impiegato all’ufficio legale del INPS.

Lo specifico caso sottoposto al vaglio del Giudice di Cassazione riguardava quindi un avvocato dipendente dell’ INPS, con inserimento nel ruolo legale, regolarmente iscritto nell’elenco speciale annesso all’Albo di appartenenza e riguardante gli avvocati degli enti pubblici. Nel caso di specie il professionista interessato aveva invano richiesto all’Istituto, proprio datore di lavoro, il rimborso di quanto versato al Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli, come tassa di iscrizione per numerosi anni pregressi (dal 1989 al 2002).

La Cassazione fonda il suo assunto sulla constatazione che il rapporto avvocato/pubblica amministrazione vada considerato alla stregua del contratto di mandato così come previsto dall’articolo 1719 del vigente codice civile. Il mandante è tenuto a mantenere indenne il mandatario (in questo caso la’vvocato), da ogni diminuzione patrimoniale che questi abbia subito in conseguenza dell’incarico, fornendogli i mezzi patrimoniali necessari per esercitare la professione.

Insomma, la Cassazione dice che la pubblica amministrazione deve rimborsare l’iscrizione. Con quali tempi, non viene precisato, ma potrebbe essere interessante saperlo.

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Sono stati in molti a ritenere che i principi giuridici contenuti nella sentenza, si presentino estensibili in maniera indiscriminata anche alle altre categorie professionali di pubblici dipendenti potenzialmente destinatarie (ingegneri, architetti, sanitari, assistenti sociali, ecc.), distinte da quella forense.

Il giudizio della Cassazione riguarda espressamente la professione forense e le peculiari modalità che regolano lo status dell’avvocato pubblico dipendente (iscrizione nell’elenco speciale annesso all’Albo di appartenenza).

La sentenza della Cassazione ha ribadito che quando sussista il vincolo di esclusività, l’iscrizione all’Albo è funzionale allo svolgimento di un’attività professionale svolta nell’ambito di una prestazione di lavoro dipendente, pertanto la relativa tassa rientra tra i costi che dovrebbero gravare sull’Ente che beneficia in via esclusiva dei risultati dell’attività stessa.

L’iscrizione nell’elenco speciale fa si che l’avvocato dipendente pubblico potrà svolgere solo ed esclusivamente la professione legale in nome, per conto e nell’interesse dell’ente di appartenenza.

 

Il rimborso dell’iscrizione all’Albo da parte dei Comuni vale anche per ingegneri, architetti e geometri?

Analoga cosa che abbiamo detto per gli avvocati NON si può affermare per tutti gli altri professionisti dipendenti pubblici, che con l’iscrizione al proprio Albo professionale non vengono confinati in nessuna sezione speciale, e possono, se pure nel rispetto delle norme concernenti la esclusività del rapporto di pubblico impiego, godere di specifiche disposizioni normative derogatorie del vincolo (collaudi di opere pubbliche, direzione lavori, attività professionali rese a favore di terzi a titolo gratuito etc.), salvo il rispetto della vigente disciplina locale in materia di autorizzazioni ad incarichi extraistituzionali (ex art. 53 del D. Lgs 165/2001 e s.m.i.).

Con l’entrata in vigore del D.P.R. 7 agosto 2012 , n. 137 – Regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali – il divieto di iscrizione per il pubblico dipendente è praticamente caduto, anche se, deve essere chiaro che a seguito dell’eventuale iscrizione non si costituisce un diritto incondizionato all’esercizio della libera professione.

Per gli ingegneri ed architetti dipendenti pubblici serve evidenziare che per poter svolgere il proprio rapporto di lavoro con l’ente datore è sufficiente la sola abilitazione, legata all’accertamento dei requisiti tecnico-professionali: l’art. 90 del Codice dei Contratti precisa che nelle amministrazioni pubbliche i progetti sono firmati da dipendenti abilitati all’esercizio della professione e quindi non è richiesta per tali figure alcuna iscrizione all’albo. L’art. 120 del codice afferma che neanche per l’attività di collaudo è richiesta alcuna iscrizione.

Quindi, visto che l’iscrizione al proprio ordine professionale non costituisce un requisito professionale necessario per svolgere il rapporto di lavoro con l’ente di appartenenza per architetti, ingegneri e geometri, ad essi non spetta alcun rimborso della quota di iscrizione annuale.

Leggi anche Ingegneri dipendenti e prestazioni senza Partita IVA: il CNI chiarisce la questione

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Ristrutturazione Case popolari e Stazioni in comodato: edilizia sociale e riuso stoppano il consumo di suolo

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Uno dei temi più interessanti affrontati ultimamente è senz’altro quello relativo alla possibilità di prendere le stazioni ferroviarie cadute in disuso in comodato gratuito. Insieme alla ristrutturazione Case Popolari rende importante nel nostro paese il tema del riuso, e quindi dello stop al consumo del territorio.

Disuso e riuso. Sono, queste, oggi, due parole chiave. La ristrutturazione e il comodato d’uso sono due interventi tecnicamente differenti (uno è un intervento edilizio e  l’altro no), ma rientrano entrambi in una visione dell’edilizia che si proietta verso il futuro, visione che non sempre in Italia è così scontata: il riuso di edifici esistenti ma abbandonati e caduti in disuso. La ristrutturazione spesso comporta interventi massicci e costosi, ma va nella direzione della riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, una buona strada che concilia riuso ed efficienza energetica. Il comodato d’uso è semplicemente un prestito (nel caso delle Stazioni ferroviarie ad affitto zero), proposto dalle ferrovie dello Stato per mantenere in vita e in stato decoroso le stazioni “impresenziate”, quelle cioè in cui ormai ci sono solo le biglietterie elettroniche e non i “bigliettai”. Potremmo quindi ribattezzarlo “comodato di riuso”.

L’avvento dei nuovi sistemi tecnologici per la vendita dei biglietti ha di fatto spazzato via le vecchie biglietterie, rendendo desuete le piccole stazioni. “L’automazione dei comandi e la loro attivazione out-station in un unico centro deputato ha quindi imposto una diversa utilizzazione delle risorse umane ed è questo un caso tipico di come lo sviluppo e il potenziamento tecnologico possa mettere in crisi e rivoluzionare l’organizzazione del lavoro preesistente”. L’hanno detto Fabrizio Torella e Teresa Coltellese del Cesvot, il Centro servizi volontariato della Toscana che provvederà a trasmettere le richieste al referente territoriale di RFI, che hanno scritto un documento dedicato proprio al comodato d’uso delle stazioni.

Ma parliamo delle Case popolari. Più di 20mila abitazioni popolari sono attualmente inagibili in Italia. Verranno messe a disposizione dei soggetti in lista d’attesa per l’assegnazione di alloggi sociali. I soldi stanziati dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti sono 470 i milioni e servono a ristrutturarle. Le Regioni e i Comuni saranno naturalmente gli attori principali della ristrutturazione, che potrà essere manutenzione straordinaria o manutenzione ordinaria.

Case popolari: manutenzione ordinaria o manutenzione straordinaria?
Circa 67 milioni di euro saranno destinati agli interventi di manutenzione ordinaria “di non rilevante entità”. Questi interventi renderanno disponibili circa 5000 alloggi sfitti o al momento inadeguati al loro utilizzo.

400 milioni saranno utilizzati per gli interventi di manutenzione straordinaria degli alloggi (adeguamento energetico, impiantistico statico e del miglioramento sismico degli immobili): saranno recuperati quasi 19.000 alloggi di proprietà dei Comuni, ex IACP, case popolari ed ERP.

Si, ma con quali tempistiche?
Le Regioni riceveranno subito le risorse messe a disposizione dal MIT e avranno 30 giorni di tempo dal momento in cui il Ministero darà loro comunicazione del trasferimento dei fondi.
Le risorse andranno poi trasferite ai Comuni, che entro sessanta giorni dovranno concludere i lavori di manutenzione ordinaria.

Per quanto riguarda gli interventi di manutenzione straordinaria, l’inizio dei lavori dovrà avvenire entro 12 mesi dalla data del provvedimento regionale di concessione del finanziamento, da adottare sempre entro 30 giorni dalla comunicazione ministeriale.

L’operazione ha risvolti positivi perchè va incontro a chi da mesi è in stato di precarietà o in lista d’attesa per ottenere un alloggio sociale. Il sociale si unisce quindi al riuso “edilizio”: prendere case non agibili e sfitte, ristrutturarle e metterle in sicurezza, renderle riutilizzabili, sicure e “socialmente utili”.
Il progetto per le Stazioni ferroviarie è è finalizzato a sviluppare azioni innovative e di sostegno sociale su tutto il territorio nazionale, offrendo inoltre alle associazioni di volontariato l’opportunità di usufruire di questi spazi, che potranno diventare, in base all’accordo, spazi fruibili d’incontro e promozione del volontariato.

Riuso e sociale. Interventi edilizi intelligenti e utili,per due motivi: 1) perchè danno casa e lavoro a chi ne ha bisogno, 2) perchè contribuiscono a diffondere la mentalità dello “stop al consumo di suolo”, che non è obbligatoria e va portata avanti con razionalità, ma quando dà simili opportunità e si collega a simili azioni non bisogna esitare.

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Spese condominiali e tabelle millesimali: cosa è cambiato con la riforma?

Spese condominiali e tabelle millesimali

La riforma della disciplina del condominio inaugurata nel 2012 ha introdotto diverse novità per l’amministratore di condominio che è oggi chiamato a svolgere la propria attività in modo più rigoroso e professionale, attenendosi a tutta una serie di obblighi fissati direttamente dalla legge. Ma non soltanto: il corpo complessivo dei cambiamenti investe infatti anche i professionisti tecnici che con il condominio hanno spesso a che fare nella loro attività.

Effettuando un rapido focus tematico, si deve constatare come la riforma stessa abbia modificato in maniera rilevante anche la disciplina relativa alle spese condominiali e alle tabelle millesimali, precisando i casi per i quali è necessaria o possibile una riformulazione del riparto millesimale di proprietà. Le indicazioni fornite dal legislatore risultano tuttavia scarne e ambigue, prive tra l’altro delle direttive specifiche per il calcolo delle tabelle millesimali.

In questo senso risulta importante comprendere il presumibile pensiero del legislatore della riforma in materia di spese e tabelle, oltre ad analizzare la posizione attuale della giurisprudenza. Ed infine verificare l’incidenza della legislazione speciale al fine di comprendere le modalità per arrivare a determinare la giusta caratura millesimale delle diverse unità immobiliari di un edificio condominiale.

Per soddisfare tali curiosità tecniche Maggioli Formazione presenta il convegno formativo Le tabelle millesimali, principi giuridici e procedure operative di calcolo: un momento formativo (che si terrà a Bologna il prossimo 1° dicembre) dedicato sia agli amministratori di condominio, sia ai professionisti tecnici, sia agli altri operatori del diritto che si trovano ad utilizzare la normativa sulle tabelle millesimali (tabelle di proprietà o spese).

Dai principi giuridici alle modalità di calcolo concreto: il convegno formativo (della durata di 4 ore) nella sua prima parte analizza, con il supporto di esemplificazioni concrete, il problema della disciplina relativa agli oneri condominiali (passando in rassegna gli artt. 1123 e seguenti del Codice Civile) e del connesso tema delle regole per l’approvazione e la modifica delle tabelle millesimali e delle tabelle delle spese (passando in rassegna gli artt. 66 e seguenti delle Disposizioni di Attuazione del Codice Civile).

Nella seconda parte della mattinata vengono invece analizzate le principali criticità legate alle modalità di calcolo delle tabelle, attraverso la discussione di esempi pratici e la condivisione di consigli operativi finalizzati al corretto utilizzo dei parametri essenziali.

A condurre il convegno sono Giuseppe Bordolli, consulente legale, esperto di diritto immobiliare e consulente per amministrazioni condominiali e società di intermediazione immobiliare (oltre ad essere autore di numerose pubblicazioni per Maggioli Editore) e Giovanni Varzi, perito esperto di stime e valutazioni immobiliari e consulente tecnico del Tribunale Civile e Penale di Roma.

Il convegno si svolgerà a Bologna il prossimo 1° dicembre  dalle ore 9.15 alle 13.15. Per maggiori informazioni si consiglia di consultare la pagina ufficiale del convegno sul portale di Maggioli Formazione.

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Terre e rocce da scavo: le novità per avere procedure più efficienti

Terre e rocce da scavo

Novità in arrivo per le modalità di riutilizzo delle terre e rocce da scavo: è stato infatti approvato la scorsa settimana in via preliminare dal Cdm lo schema di decreto relativo alla disciplina semplificata in ossequio all’art. 8 del Decreto Sblocca Italia (convertito dalla legge n. 164 del 2014 esattamente un anno fa). La bozza di regolamento traccia nuovamente la disciplina dei materiali estratti durante le attività di scavo, “consentendo di assorbire tutte le disposizioni attualmente vigenti in un testo unico, integrato e autosufficiente” (come afferma un comunicato giunto da Palazzo Chigi).

Oltrepassando alcune carenze segnalate dagli operatori del settore in merito al decreto ministeriale 161/2012 (che costituisce tuttora il riferimento per il riutilizzo delle terre e rocce da scavo) la nuova bozza di regolamento introduce procedure e riferimenti normativi semplificati. È accaduto molto spesso infatti nell’ultimo periodo che le modalità di utilizzo dei materiali estratti abbiano causato contenziosi e cospicue incertezze.

“La stesura dello schema di regolamento – si legge sempre nel comunicato emesso dal Governo – recepisce le richieste formali presentate dalla Commissione europea nell’ambito della procedura Eu-Pilot 5554/13/ENVI avviata nei confronti dell’Italia, evitando in questo modo la possibilità che il progetto pilota evolva in una procedura d’infrazione contro l’Italia”.

Ma ecco un sommario elenco delle semplificazioni che verranno introdotte:
– definizioni più chiare e coordinate con la normativa vigente, ed una disciplina più dettagliata del deposito intermedio delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti;
– i residui della lavorazione dei materiali lapidei vengono esclusi dalla nozione di terre e rocce da scavo, novità che permette agli operatori di qualificarli come sottoprodotti in presenza delle condizioni di legge e nel pieno rispetto dei livelli di tutela ambientale;
– definita una procedura più rapida per attestare che le terre e le rocce da scavo generate nei cantieri di grandi dimensioni soddisfino i requisiti normativi nazionali e comunitari per essere qualificate sottoprodotti;
eliminato l’obbligo di comunicazione preventiva all’autorità competente di ogni trasporto di terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti, stabilendo inoltre l’attivazione contestuale dei necessari controlli da parte delle autorità competenti.
– introdotto un iter più rapido ed efficiente per apportare modifiche sostanziali al piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo, con la possibilità di una proroga di un anno della durata del piano per le terre e le rocce da scavo generate nei grandi cantieri;
– creazione di una procedura specifica per l’utilizzo in sito delle terre e rocce da scavo escluse dal campo di applicazione dei rifiuti e prodotte dalla realizzazione di opere sottoposte a Valutazione di impatto ambientale;
– introdotte procedure uniche per gli scavi e la caratterizzazione dei terreni generati dalle opere da realizzare nei siti oggetto di bonifica, capaci di fornire chiarezza e un riferimento normativo unico agli operatori.

Inoltre per lo svolgimento delle attività di analisi di ARPA e APPA si prevedono tempi certi, sempre pari a 60 giorni.

Leggi anche il nostro articolo dello scorso anno intitolato Terre e rocce da scavo: meri cambiamenti cosmetici nello Sblocca Italia?

Lo schema di provvedimento non è tuttavia ancora definitivo: l’auspicio dell’ANCE in materia concerne il mantenimento di un “regime semplificato per la gestione delle terre e rocce da scavo prodotte nei cantieri di piccole dimensioni o in quelli di grandi opere non soggette a VIA o ad AIA. Fino alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del testo definitivo, comunque, si continueranno ad applicare le norme e le procedure attualmente in vigore”.

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Sblocca Italia. Cosa cambia in edilizia, urbanistica e tutela del paesaggio

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Questo nuovo e-book analizza le novità in materia edilizia urbanistica e paesaggistica della legge “Sblocca Italia” (d.l. 133/2014 “Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere…

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Assicurazione professionale: i 7 Must che la polizza deve contenere

Assicurazione professionale: i 7 Must che la polizza deve contenere

La riforma delle professioni (DPR n. 137 del 2012) ha reso obbligatorio la stipula da parte di Ingegneri, Architetti, Geometri, Geologi e Periti industriali di una polizza di assicurazione professionale a copertura degli eventuali danni derivante al cliente dall’esercizio dell’attività professionale.

Ma come poter giudicare se un prodotto assicurativo è valido o meno? Le società assicuratrici offrono una moltitudine di soluzioni tutte, almeno all’apparenza, validissime. Ma manca una bussola a uso e consumo dei professionisti che permetta loro di capire, senza impazzire, quali sono i contenuti minimi essenziali che una polizza di assicurazione professionale deve contenere.

Ecco allora uno dei nostri classici post «di servizio» con i sette punti che occorre verificare siano presenti nel prodotto assicurativo che si intende acquistare. Tale schema informativo è stato elaborato dal Consiglio nazionale dei Geometri e Geometri laureati, ma risulta adattabile per tutti i liberi professionisti dell’area tecnica.

Tipo di garanzia

L’impostazione del contratto “tutti i rischi” (la c.d. polizza All Risks) è quella che offre maggiori garanzie di tutela, perché copre tutti i danni derivanti dall’attività del professionista, tranne ciò che è espressamente escluso.

L’altra impostazione è quella “a rischi nominati” che, invece, copre solo ciò che è espressamente elencato.

Franchigia

Il CNGeGL consiglia sempre di preferire una franchigia espressa in forma fissa (per esempio 1.000 euro). Qualora venga invece indicata come percentuale, il professionista tecnico deve avere l’accortezza di fissarne un limite minimo e uno massimo, ciò per circoscriverne il peso in termini certo. Per esempio: 10%, minimo 1.000 euro e massimo 15.000 euro.

Massimali e sottolimiti

Tutti i danni dovrebbero essere compresi senza limitazioni di massimale, che deve essere adeguato ai rischi della propria professione.

Il CNGeGL si raccomanda di prestare particolare attenzione ai sottolimiti presenti nella polizza dell’assicurazione professionale. Particolarmente limitante la presenza del sottolimite per danni patrimoniali a 1/3 del massimale complessivo.

Validita’ temporale: retroattivita’

I contratti di assicurazione per i rischi professionali garantiscono le richieste di risarcimento danni pervenute per la prima volta durante la validità del contratto anche per attività esercitate nel passato, purché non originate da fatti noti prima della stipula.

Il CNGeGL suggerisce a tutela del professionista tecnico una garanzia che copra quindi un ampio periodo retroattivo. La più tutelante tra le polizze di assicurazione professionale è senz’altro quella con una previsione di retroattività illimitata.

Validita’ temporale: postuma

In caso di cessazione dell’attività è necessario essere garantiti per richieste danni che l’assicurato potrebbe ricevere in futuro. Anche in questo caso è consigliabile un periodo lungo, ad esempio 10 anni.

Per non rendere vana la garanzia, il CNGeGL evidenzia come sia utile che l’estensione postuma operi anche per i fatti commessi nel periodo di retroattività concesso e non solo nel periodo assicurativo.

Danni alle opere

La copertura di tutti i danni della polizza di assicurazione professionale deve essere prestata senza le limitazioni previste dall’art. 1669 c.c., poiché il richiamo a questo articolo limita l’operatività ai soli danni derivanti da crollo, rovina totale o parziale e gravi difetti, escludendo quindi tutti i danni minori.

Competenze professionali

Nella polizza di assicurazione professionale è utile prevedere una clausola di salvaguardia per i sinistri derivanti da “eccesso di competenza”.

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Le nuove polizze per i professionisti tecnici

Sonia Lazzini , 2013, Maggioli Editore

Il libero professionista tecnico, di solito, nulla sa di assicurazioni (e magari preferirebbe non doversene mai occupare). Una legge, però, gli impone di contrarre “un’idonea assicurazione per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale” entro il 13 agosto 2013. <br…

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Droni e professionisti tecnici: quando la tecnologia è al servizio dell’edilizia

Droni e professionisti tecnici

Quando la tecnologia si pone al servizio dell’edilizia: qualche giorno fa a Milano, nel corso di un convegno organizzato dal Consiglio Nazionale dei Geometri (CNGeGL), è stata messa in luce l’importanza della tecnologia per le professioni tecniche, con un’attenzione particolare sulla formazione dei professionisti per l’utilizzo di droni.

Sono infatti numerose le attività che possono essere implementate attraverso i droni nel settore dell’edilizia: ad esplicitarle è stato Gabriele Santiccioli, membro del Collegio Geometri di Roma: “È possibile effettuare la cosiddetta aereofotogrammetria che permette di rilevare la condizione del territorio, di realizzare indagini termiche sul fotovoltaico o su edifici per capire a quali classi energetiche appartengano e poi ancora: indagini multispettrali per capire se ci siano edifici deteriorati”

Tutte funzioni che rivestono un ampio raggio di utilità, soprattutto quando si tratta di perizie giudiziarie o assicurative: un drone infatti riesce ad accedere a luoghi e quote precedentemente inaccessibili e può contribuire a permettere di scovare abusi altrimenti nascosti.

I Sistemi a pilotaggio remoto che impiegano droni rappresentano infatti un’occasione unica per i professionisti che vogliono aggiungere competenze, e quindi opportunità di lavoro, al loro curriculum professionale. “Saper usare un Sistema APR per fare ispezioni, mappature e rilievi delle opere civili o di una grande infrastruttura (ponti, viadotti, complessi edilizi) – ha proseguito Santiccioli nell’ambito del convegno “La tecnologia al servizio dell’edilizia: il futuro é smart e sostenibile” – è una skill che deve essere presente nei team operativi di un qualsiasi studio tecnico o professionale. Questa tecnica rappresenta un’opportunità di accedere a lavori e/o consulenze prima impossibili. I costi, le tecniche e il mercato sono oggi estremamente competitivi, e la possibilità di accedere a queste tecnologie è ormai alla portata di tutti, e tutti dovrebbero cogliere questa occasione”.

Leggi l’intervista a Gabriele Santiccioli pubblicata sul portale specializzato Ingegneri.cc.

Secondo una recentissima indagine Doxa (denominata “Osservatorio sull’industria italiana dei droni civili”) in Italia il mercato dei droni vale circa 350 milioni di euro l’anno e un’azienda specializzata in consulenza, costruzione o analisi dati, grazie ai droni può giungere ad avere un giro d’affari di circa 700 mila euro e una media di 7 addetti. I più attivi al momento sono gli imprenditori del Centro Italia.

Le prospettive paiono pertanto positive: “Secondo un recente rapporto della Camera dei Lord del Regno Unito, entro il 2050 il settore degli APR (aeromobili a pilotaggio remoto, ovverosia droni, ndr) creerà in Europa oltre 150mila posti di lavoro, un impatto simile a quello generato da Internet negli anni Novanta – afferma Maurizio Savoncelli, presidente del CNGeGL –, dall’agricoltura di precisione all’edilizia, al monitoraggio di zone a rischio frana o aree terremotate, sono molti gli ambiti di applicazione di questo nuovo strumento, ma non dimentichiamo che per trasformare i droni in una reale opportunità restano fondamentali le competenze tecniche e il saper fare tipici di un professionista come il geometra”.

In tale direzione va detto che l’attuale normativa relativa all’utilizzo dei droni (Regolamento ENAC) è frutto di più rivisitazioni che sono seguite rapidamente negli ultimi due anni in particolare, dinnanzi ad un’esigenza immediata di regolamentare un settore che prima non era tanto presa in considerazione se non per le attività ludico-ricreative, gioco ed aeromodellismo e che ora si sta sviluppando molto rapidamente. Questo rapido sviluppo ha visto l’ingresso sul mercato anche di operatori non qualificati e poco attenti ai concetti basilari della sicurezza. Per comprendere in maniera precisa lo stato della disciplina in questo preciso momento Maggioli Editore consiglia il nuovissimo e-book intitolato Commento al nuovo regolamento Enac per l’utilizzo dei droni redatto da Francesco D’Alessandro, fondatore del marchio Droniworld.com, pilota SAPR, progettista e studioso delle tematiche aereonautiche connesse al mondo UAV.

L’e-book si propone l’obiettivo di fornire la normativa aggiornata e commentata evidenziando le aree di interesse e di criticità per chi lavora sul campo, cercando da un lato di stimolare la riflessione su casi concreti di utilizzo dei droni, dall’altro di fornire al legislatore stesso degli spunti e degli input concreti e veritieri per i successivi aggiornamenti che ne verranno. A livello di premessa, il primo capitolo è dedicato ad uno sguardo trasversale sull’architettura, le caratteristiche e gli impieghi dei droni ad uso professionale: per una visione completa del tema, nella maniera in cui può essere osservata dallo specifico angolo visuale dei professionisti tecnici (contemperando ed analizzando le loro esigenze professionali).

droni Droni e professionisti tecnici: quando la tecnologia è al servizio dell’edilizia

Commento al nuovo regolamento Enac per l’utilizzo dei droni

F. D’Alessandro , 2015, Maggioli Editore

L’idea di commentare una legge o un regolamento è sempre affascinante per il lettore che può trarne diversi
vantaggi e spunti di riflessione in funzione dei casi concreti che si trova a vivere. Un po’ meno per chi
scrive come “tecnico”…

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Regime dei minimi Partite IVA: chi conserverà il trattamento agevolato?

Regime forfettario Partite IVA

Arrivano ulteriori buone notizie per tutti quei professionisti tecnici che hanno scelto di avvalersi del regime dei minimi nel corso degli ultimi anni: secondo le bozze ormai definitive della Legge di Stabilità 2016 (la cui approvazione in Parlamento è prevista per il mese di dicembre) si potrà continuare a fruire di tale regime di favore.

La conferma arriva dall’interpretazione del testo di legge che all’art. 8, comma 3 stabilisce il seguente principio: i contribuenti che hanno intrapreso una nuova attività nel 2015 avvalendosi del regime forfettario fruendo della riduzione di un terzo del reddito possono applicare la nuova aliquota del 5% nei successivi 4 anni, cioè dal 2016 al 2019. L’interpretazione in questo senso è favorevole anche nei confronti di coloro che abbiano iniziato l’attività entro l’anno 2014: il regime fiscale agevolato, anche per questi soggetti, continuerà ad essere applicato fino alla sua naturale scadenza.

Ricordiamo che, grazie alla Legge di Stabilità 2016, nell’ambito dei regimi agevolati per i lavoratori autonomi e le partite IVA si registrerà un ammorbidimento delle condizioni che consentono l’accesso e la permanenza all’interno del regime forfettario. Per i professionisti tecnici la soglia per rientrare si alzerà dai attuali 15mila ai 30mila euro.

Dal 2016 il regime forfettario sarà l’unico agevolato: in caso di inizio di una nuova attività si applicherà l’aliquota del 5% per i primi 5 anni. Ovviamente, come detto in apertura, rimane salva l’applicazione del regime dei minimi da parte dei soggetti che nel 2015 e negli anni precedenti hanno scelto di avvalersene. Non affiorano, pertanto, discriminazioni o differenze di trattamento nella complessiva disciplina del regime fiscale per professionisti e partite IVA.

Per un flash rapido sulle novità per i professionisti tecnici in arrivo dal cosiddetto Jobs Act del lavoro autonomo consigliamo la lettura dell’articolo Così Lavoratori Autonomi e Partite IVA con la Legge di Stabilità 2016.

Sempre per i lavoratori autonomi abbiamo effettuato due focus sintetici relativi ad ambiti importanti nella nuova disciplina di tutela: la disciplina degli interessi di mora anche per i professionisti tecnici e le novità concernenti la maternità e i congedi parentali.

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Contabilizzazione del calore: attenzione ai rischi potenziali

Contabilizzazione del calore: attenzione ai rischi potenziali

La contabilizzazione del calore, attraverso l’adeguamento al d.lgs. 102/2014 degli impianti di riscaldamento condominiale centralizzato, può tradursi in consistenti vantaggi per l’utente, in termini sia di risparmio di energia e di danaro, sia di una più equa ripartizione dei costi, sia ancora di benefici ambientali che ne conseguono.

Come ampiamente dimostrato da tante esperienze, tali risultati si ottengono nei casi ‘virtuosi’ in cui vengono seguite rigorosamente le indicazioni del decreto 102/2014 e della norma UNI 10200: viene cioè effettuata una progettazione adeguata, vengono utilizzati dispositivi e materiali (pompe, valvole termostatiche, ripartitori, sistemi di rilevamento e monitoraggio dei consumi) allo stato dell’arte, tutti i lavori vengono eseguiti con la professionalità necessaria, il cittadino impara a usare al meglio il nuovo sistema cambiando radicalmente le sue abitudini.

Purtroppo ciò non sempre accade, come dimostrano le testimonianze di molti utenti e la sequela di contenziosi in materia già approdati nelle aule di giustizia.

I rischi in cui può incorrere l’utente sono infatti tanti e di vario tipo. Generati in primis dalla mancanza di un’adeguata informazione, pur prevista dal decreto 102 ma finora rimasta sulla carta. Alimentati altresì dai tempi strettissimi, entro i quali gli impianti termici centralizzati devono essere adeguati, e da dinamiche condominiali di cui conosciamo le complessità e spesso purtroppo anche gli effetti.

In pratica, tutti i condòmini dovrebbero essere parimenti informati, pro-attivi e impegnarsi a svolgere un’azione di stimolo e di controllo in ciascuna fase dell’adeguamento dell’impianto termico e con ciascuno dei tanti fornitori di prodotti e di servizi coinvolti. Un simile scenario purtroppo, nelle condizioni attuali, è mera utopia.

La realtà è notoriamente assai diversa: pochi i condòmini consapevoli e pro-attivi, che desidererebbero anche darsi da fare ma sono privi delle conoscenze necessarie – non sanno neppure dove reperirle – e si trovano spesso ad affrontare anche lo scoglio degli altri condomini poco inclini a sostenere costi e cambiamenti di cui nessuno ha spiegato loro gli obiettivi e i vantaggi. Una sorta di situazione di impotenza, prima ancora che di mancanza di impegno.

Dall’altro fronte, quello degli amministratori condominiali e dei vari fornitori, raramente arriva un aiuto adeguato, proprio perché – anche in presenza delle migliori intenzioni – nessuna delle figure professionali ha conoscenze e competenze tali da svolgere autorevolmente un ruolo di ‘regia’ per tutto l’iter di adeguamento dell’impianto termico; e comunque il vero cambiamento lo devono mettere in pratica gli utenti una volta che l’impianto sia ultimato.

Proprio per affrontare queste complessità, cercando di fornire risposte complete, nel libro La contabilizzazione del calore negli edifici con riscaldamento centralizzato, Maggioli Editore, abbiamo dedicato un ampio capitolo interamente all’utente, con l’intento di guidarlo passo dopo passo lungo tutto il percorso che va dalla prima Assemblea condominiale fino a quando, a impianto termico adeguato, egli deve impegnarsi a usare efficacemente la contabilizzazione per trarne i massimi benefici. Una descrizione completa, a 360 gradi, sull’intero iter, non ci risulta per altro che sia fornita da alcun’altra fonte.

Inutile dire che anche per i professionisti, avere a che fare con utenti preparati e consapevoli, diviene un vantaggio enorme già nelle varie fasi di lavoro, oltre che ridurre al minimo il rischio di contestazioni e strascichi a lavori ultimati.

13103 1 Contabilizzazione del calore: attenzione ai rischi potenziali

La contabilizzazione del calore negli edifici con riscaldamento centralizzato

R. Colombo, F. Zerbetto , 2015, Maggioli Editore

Il decreto legislativo n° 102/2014, con il quale il Governo Italiano ha recepito la direttiva 2012/27/UE, ha reso obbligatoria la misurazione individuale del calore consumato negli edifici.

In particolare la contabilizzazione indiretta, applicabile agli…

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Condominio, la trasformazione di finestre in balconi: cosa afferma la legge?

Condominio

La trasformazione di finestre in balconi in ambito condominiale è un tema da analizzare con attenzione. È infatti opinione diffusa in dottrina e nella stessa giurisprudenza (ai sensi dell’art. 1102 del codice civile), che gli interventi sul muro comune, come l’apertura di una finestra o di vedute, l’ingrandimento o lo spostamento di vedute preesistenti, la trasformazione di finestre in balconi, sono legittimi dal momento che tali opere non incidono sulla destinazione del muro, bene comune ai sensi dell’articolo 1117 codice civile, e sono l’espressione del legittimo uso delle parti comuni.

Questo però non può prescindere dal fatto che, nell’esercizio di tale uso, debbano essere rispettati i limiti contenuti nella norma appena indicata consistenti nel non pregiudicare la stabilità e il decoro architettonico dell’edificio, nel non menomare o diminuire sensibilmente la fruizione di aria o di luce per i proprietari dei piani inferiori, nel non impedire l’esercizio concorrente di analoghi diritti degli altri condomini, oltre a non alterare la destinazione a cui il bene è preposto, rispettando i divieti di cui all’articolo 1120 c.c., (pregiudizio alla stabilità e sicurezza del fabbricato, pregiudizio al decoro architettonico o rendere alcune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino).

Il nodo centrale della questione si innesta nel rispetto dell’articolo 1122: ovverosia nel principio per cui il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni oppure determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio.

Tale articolo, nella versione precedente alla modifica apportata dalla legge 11 dicembre 2012 n. 220 di riforma della materia condominiale, vietava a ciascun condomino di poter eseguire, nel piano o porzione di piano di sua proprietà, opere che recassero danni alle parti comuni dell’edificio.

Secondo la giurisprudenza il concetto di danno, cui la norma faceva riferimento, non andava limitato esclusivamente al danno materiale, inteso come modificazione della conformazione esterna o della intrinseca natura della cosa comune, ma esteso anche al danno conseguente alle opere che elidono o riducono apprezzabilmente le utilità ritraibili della cosa comune, anche se di ordine estetico, per cui ricadevano nel divieto tutte quelle modifiche che costituiscono un peggioramento del decoro architettonico del fabbricato (in questo senso una risalente sentenza della Cassazione).

Insomma, la voce di danno di cui all’art. 1122 si riferiva non soltanto al pregiudizio per la sicurezza e la stabilità del fabbricato o al deterioramento di parti comuni causato dai lavori (es. infiltrazioni), ma anche all’alterazione del decoro architettonico.

Con la specificazione aggiuntiva che il condomino, nell’eseguire opere su parti di sua proprietà, altera il decoro architettonico dello stabile nel momento in cui, tenendo conto delle caratteristiche dello stabile al momento dell’opera, dovesse recare un pregiudizio tale da comportare un deprezzamento dell’intero fabbricato e delle unità immobiliari in esso comprese.

Leggi anche l’articolo Balconi, sono esclusi dal computo delle distanze?

La legge n. 220 del 2012 di riforma del condominio ha condiviso e tradotto in norma proprio tali considerazioni: ma la disciplina dei principali problemi relativi ai balconi in condominio è molto più ampia e coinvolge altri interessanti ambiti (dal decoro architettonico alle componenti comuni dei balconi, passando per decori, grate di legno e tende da sole). Per una visione completa di tutte le problematiche relative ai balconi in ambito condominiale Maggioli Editore consiglia la guida pratica in formato e-book intitolata I balconi in condominio, firmata dall’esperto autore Giuseppe Bordolli.

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Stop a TASI e IMU sulla casa data in comodato ai figli: è possibile?

Stop a TASI e IMU

IMU e TASI sulle abitazioni date in comodato ai figli (o in senso lato, ai parenti di primo grado): il Governo pensa a un possibile stop a tale prelievo, per venire incontro alle fasce più giovani della popolazione adulta (ed anche alla fascia degli anziani). L’imposizione sulla casa risulta molto pesante, qualora l’immobile non si configuri come prima abitazione: con tale proposta di modifica alla Legge di Stabilità 2016 la maggioranza di Governo cerca di porre un riparo per i cittadini dalla perigliosa tempesta tributaria che squassa la metaforica “imbarcazione Italia”.

La proposta è stata inserita alla fine della scorsa settimana nel pacchetto di possibili modifiche alla Manovra 2016. Si tratta di un’ipotesi, che consentirebbe, come nel recente passato, di considerare prima casa anche quella affidata ai parenti più stretti.

L’ipotesi di ampliare la cancellazione della tassazione sulla casa anche a chi mette a disposizione un’abitazione a un parente di primo grado (nella prassi figli e genitori) non è stata comunque ancora valutata da un punto di vista finanziario nel dettaglio, spiega una delle relatrici alla manovra Federica Chiavaroli (Ap). Ciò che è certo al momento è il seguente assunto: esiste in seno alla maggioranza la volontà di intervenire su questo fronte e che, a parere dell’ISTAT, riguarda circa l’8% di italiani.

Ridurre il carico fiscale sulle famiglie e rilanciare l’intero settore dell’edilizia con una misura allo stesso tempo efficace e simbolica è, in tutta evidenza, uno degli obiettivi principali del Governo. Per un approfondimento in relazione a questo tema leggi l’articolo IMU e TASI 2016: stop sulla prima casa ufficiale.

Rimanendo sempre all’interno del medesimo ambito tematico, risulta sotto concreto esame anche la possibilità di introdurre agevolazioni in materia di tributi per chi dà in affitto a canone concordato una casa. Per un quadro più chiaro in materia non resta che attendere gli sviluppi finali nel processo di approvazione della Legge di Stabilità.

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