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Premio IQU 2015, X edizione del concorso per la qualità urbana

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Il Premio IQU 2015 Innovazione e Qualità Urbana compie 10 anni. Una storia discretamente lunga, durante la quale abbiamo visto – nei progetti che hanno partecipato anno dopo anno – i cambiamenti dell’estetica della progettazione urbana e delle esigenze del cittadino, utili a raggiungere un obiettivo: la qualità architettonica nelle città. E non solo architettonica: in generale, la qualità del progetto.

La decima edizione del Premio, dedicato all’architettura, la città e il territorio, affronta aspetti strategici della trasformazione urbana e dello spazio pubblico declinati secondo tre parole chiave: innovazione (per valorizzare la ricerca e lo sviluppo industriale integrando i temi di sicurezza e sostenibilità), qualità (in termini di riqualificazione dello spazio urbano, di particolare rilevanza per le pubbliche amministrazioni) e urbana (soprattutto per quanto riguarda la rigenerazione del tessuto urbano esistente).

 

Premio IQU 2015, la scadenza per inviare i progetti

La scadenza per la presentazione dei progetti è il 23 marzo 2015.

In un momento così importante per il territorio, il ruolo delle amministrazioni locali, il valore del progetto in tutte le sue declinazioni e la necessità di innovazione di tutta la filiera delle costruzioni, il Premio IQU 2015 si propone come un’importante iniziativa che offre l’opportunità di sviluppare il confronto di strategie di innovazione progettuale, tecnologica e gestionale tra le città che intendono proporsi per un processo di riqualificazione e sviluppo del patrimonio edilizio e del territorio. Promosso dal Gruppo Maggioli con la partecipazione di Enti Locali, il Premio “Innovazione e Qualità Urbana” sarà anche l’occasione per un convegno di settore sui temi del premio.

Il Premio IQU 2015 si struttura in due aree tematiche: Architettura e Città, e Rigenerazione e recupero urbano
Saranno prese in considerazione le proposte che affrontano le problematiche definite per ciascuna delle due aree tematiche. Per ogni area tematica sono individuate due sezioni:
opere già realizzate (inizio lavori non antecedente a cinque anni dalla data di pubblicazione del bando) – scarica la scheda per partecipare alla sezione opere già realizzate;
nuovi utilizzi e progettazioni (progetto non antecedente a tre anni dalla data di pubblicazione del bando) – scarica la scheda per partecipare alla sezione nuovi utilizzi e progettazioni.

La partecipazione al Premio IQU 2015 è aperta a tutti i progettisti e a tutte le amministrazioni locali che hanno operato sul territorio. Ciascun partecipante può presentare sino a tre progetti e/o realizzazioni, indicando a quale categoria intende partecipare. Possono essere presentati progetti e/o realizzazioni in più aree tematiche del premio. Ogni progetto e/o realizzazione dovrà essere riferito a uno o più autori individuabili nominativamente e a un ente o una società d’appartenenza o per la quale è stata eseguita una collaborazione.

I progetti dovranno pervenire al comitato organizzatore entro e non oltre il 23 marzo 2015 (fa fede la data di ricevimento del materiale in concorso alla segreteria organizzativa) via posta, su Cd-Rom o DVD, oppure consegnato brevimano alla sede della Maggioli Editore in via del Carpino, 8 a Santarcangelo di Romagna. In alternativa è possibile l’invio del materiale tramite posta elettronica all’indirizzo iqucontest@maggioli.it.

Saranno assegnati un 1°, 2° e 3° premio per ciascuna delle due aree tematiche e per ciascuna delle due sezioni “opere già realizzate” e “nuovi utilizzi e progettazioni”.

 

Premio on-line
I primi 100 progetti pervenuti e risultati ammessi saranno disponibili in forma sintetica in retesu www.architetti.com. Il pubblico potrà votare un progetto e/o una realizzazione ritenuta migliore. L’esito della valutazione sarà comunicato nel corso della manifestazione conclusiva e ai due progetti primi classificati sarà assegnato un premio speciale.

 

Premi speciali del Premio IQU 2015
La giuria, a suo insindacabile giudizio, potrà assegnare:
– un premio speciale alla migliore proposta in cui risulti sviluppato un percorso di progettazione partecipata con laboratori creativi attivati in scuole primarie e secondarie;
– un premio speciale alla migliore proposta di progettazione per tutti volta ad eliminare barriere architettoniche e a raggiungere alti livelli di accessibilità per ogni categoria di persona;
– un premio speciale per la migliore proposta in cui siano state date soluzioni e attenzioni ai temi della sostenibilità ambientale e delle problematiche bioecologiche e bioedilizie.
– un premio speciale alla migliore proposta sul tema della mobilità, uno dei settori più complessi, in cui l’innovazione tecnologica trova ampi spazi di applicazione;
– un premio speciale alla migliore proposta in cui risulti evidente l’attenzione sulle tecnologie non solo informatiche per la gestione della città e del territorio (SIT, GIS), ma anche l’innovazione tecnologica legata alle strutture e agli impianti per il controllo e la gestione del costruito, fino alle tecnologie del costruire;
– un premio speciale, in rapporto al progetto “Green Industries”, alla migliore proposta in cui risultino evidenti soluzioni innovative per l’edilizia produttiva (climatekicemiliaromagna.it/greenindustries.html)

Scarica il bando completo del Premio IQU 2015

 

Segreteria Organizzativa
Premio “Innovazione e Qualità Urbana”

Maggioli Editore
via del Carpino, 8
47822 Santarcangelo di Romagna, Rimini
E-mail: iqucontest@maggioli.it
Tel. 0541.628433
Fax 0541.628768

Seguiranno ulteriori informazioni sul sito www.architetti.com

Nell’immagine, vista del progetto Area Riva. Parco urbano e centro città, Avigliana, Torino, Maria Vittoria Mastella, Laura Mazzei, primo classificato nella categoria Architettura e Città, Sezione nuovi utilizzi e progettazioni, alla IX edizione del Premio IQU.

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Lavori in quota: i dispositivi di ancoraggio sono DPI o no?

dispositivi di ancoraggio

Dispositivi di ancoraggio per la protezione contro le cadute dall’alto, giungono chiarimenti dalla Direzione generale della tutela delle costruzioni di lavoro e delle relazioni industriali del Ministero del Lavoro. Tale articolazione del ministero ha ritenuto opportuno fornire alcuni suggerimenti a causa delle numerose richieste in tale direzione arrivate dagli operatori del settore.

I dispositivi di ancoraggio sono DPI o no?
Ma ecco l’aspetto che costituisce il nodo centrale dei dubbi manifestati in relazione ad un importante settore della sicurezza. La Direzione generale ha precisato e definito l’esistenza di due tipologie di dispositivi di ancoraggio:
1. I dispositivi di ancoraggio installati in maniera non permanente nelle opere di costruzione (attrezzature amovibili e trasportabili);
2. I dispositivi di ancoraggio installati permanentemente nelle opere stesse e che pertanto sono caratterizzati dall’essere fissi e non trasportabili.

1. I primi “seguono il lavoratore” e sono pertanto trasportabili, non essendo installati in maniera permanente: in conseguenza di ciò, in accordo con quanto stabilito dal Testo Unico sulla Sicurezza (decreto legislativo 81/2008, all’art. 74, comma 1 e art. 76 comma 1), tali dispositivi sono considerati a tutti gli effetti DPI (dispositivi di protezione individuale) poiché:
– sono portati “in loco” e messi in opera dall’operatore;
– sono rimossi al termine del lavoro dal lavoratore stesso.

2. I secondi sono invece fissi e non trasportabili e non rientrano di conseguenza nel campo di applicazione del d.lgs. 475/1992 (Attuazione della direttiva 89/686/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1989, in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi di protezione individuale) e non devono pertanto riportare la marcatura CE come DPI. Secondo l’interpretazione del Ministero del Lavoro, tali dispositivi sono pertanto da considerare prodotti da costruzione e come tali rientrano nel campo di applicazione del regolamento UE n. 305 del 2011, il quale fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione.

I convegni targati Maggioli Editore
Il tema relativo alla sicurezza dei lavori in quota assume grande rilevanza nell’odierno dibattito sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. E proprio attraverso ciò, eminente rilievo deve essere attribuito alle linee vita e ai dispositivi di ancoraggio. In questa direzione Maggioli Editore, con la preziosa collaborazione di Sicurpal, organizza un tour di seminari tecnici a partecipazione gratuita, durante i quali saranno, tra i vari argomenti, esaminate anche le diverse soluzioni per l’ancoraggio.

Negli appuntamenti in giro per l’Italia si analizzeranno le motivazioni che stanno alla base della necessità di installare una linea vita: dalla legislazione nazionale e regionale alla Norma UNI EN 795/2012, fino all’analisi delle varie soluzioni per l’ancoraggio, transitando per i fattori di rischio presenti nei lavori in quota. Per controllare il programma completo e consultare le modalità di iscrizione si consiglia di visitare la pagina dedicata al seminario del 26 marzo a Trieste e quella del 17 aprile a Pescara.

Un suggerimento per i lettori di Ediltecnico
Inoltre, rimanendo in tema di lavori in quota e di sicurezza in generale, Maggioli Editore presenta anche la nuova edizione del suo periodico di riferimento in materia, Progetto Sicurezza: il bimestrale che offre un sistema informativo articolato sulla sicurezza e l’igiene del lavoro abbracciando tutti i settori produttivi. La rivista, completamente rinnovata anche attraverso un attento restyling grafico, presenta focus e analisi in merito ai principali argomenti di interesse per gli operatori della “Safety” del settore pubblico e privato, oltre a fornire esemplificazioni pratiche e casi risolti in materia.

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Lavori in quota e cadute dall’alto

Danilo G.M. De Filippo , 2013, Maggioli Editore

La caduta dall’alto rappresenta indubbiamente una delle principali cause d’infortunio sul lavoro. Collegata alle cosiddette lavorazioni in quota, è certamente riscontrabile in tutte le attività industriali, ma diviene rischio tipico quando si affronta il settore delle costruzioni e…

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Professione e questione di genere: le donne architetto guadagnano meno

Architetti e questione di genere

L’8 marzo è passato, le mimose avvizziranno, la Festa della Donna ritornerà tra 364 giorni: nel frattempo la questione di genere continuerà a ripresentarsi ogni giorno, a partire da oggi, un lunedì di lavoro come tanti altri. Il lavoro è certamente l’ambito in cui tale “questione” emerge in tutta la sua importanza: e sono proprio di questi giorni i dati emessi dal CRESME (Centro Ricerche Economiche Sociali di  Mercato per l’Edilizia e il Territorio) con riferimento alle pari opportunità e alla parità di genere in ambito professionale.

Professione: la questione di genere
E i dati non sono incoraggianti:  dei 152mila architetti italiani, quasi il 41% (circa 62mila) è donna, quasi il 10% in più rispetto alla situazione del 1998. Negli ultimi 15 anni le donne architetto iscritte all’albo sono cresciute del 141%, ovverosia 36mila iscritti in più. Negli ultimi 6 anni, il guadagno mensile netto dei giovani laureati in architettura dopo 5 anni dal conseguimento del titolo di secondo livello è stato, mediamente, circa del 20% superiore per i maschi: nel 2013, circa 1300 euro contro 1070 delle donne.

Il dato relativo alla differenza di reddito tra maschi e femmine si è certamente contrato negli ultimi anni, ma la distanza tra i due sessi rimane comunque ampia. E il dato assume ancora più rilievo se si pensa che nei prossimi anni la quota femminile in seno alla professione è destinata a crescere ancora, se non altro per una questione di carattere meramente anagrafico. Tra le donne, infatti, la percentuale di iscritti con meno di quarant’anni è pari al 43%, mentre tra i maschi si ferma al 25%. Specularmente a ciò, gli ultracinquantenni sono il 41% tra gli architetti maschi e appena il 20% tra le donne.

Rimanendo in tema di professioni tecniche leggi l’articolo POS obbligatorio professionisti, bastone e carota per renderlo effettivo?

I dati più interessanti emersi nell’indagine del CRESME
Esistono poi differenze sostanziali tra uomini e donne con specifico riferimento all’attività lavorativa: le donne non solo sono maggiormente colpite dalla disoccupazione, ma sono impiegate in misura significativamente minore nell’attività libero professionale. Tali diseguaglianze generano ampi livelli di insoddisfazione: in primo luogo, il 48% delle donne architetto coinvolte nella ricerca del CRESME ha dichiarato di aver dovuto interrompere la propria attività professionale per un tempo significativo (contro il 24% dei colleghi maschi), e lo ha fatto, nel 67% dei casi, per occuparsi dei figli. Mentre per gli uomini le motivazioni dell’interruzione lavorativa, nella maggioranza dei casi, sono legate a problemi personali o alla cura di persone anziane a carico. Ma un aspetto da sottolineare in rosso è il seguente: oltre l’80% delle donne ritiene che queste interruzioni abbiano ritardato o ostacolato, in un modo o nell’altro, la propria carriera professionale, anche in misura molto grave, nel 46% dei casi.

Un fatto di cultura?
I dati sono stati diffusi dal CRESME nel corso del convegno “Aequale: la professione al femminile” (organizzato dal CNAPPC per le pari opportunità e alla parità di genere in ambito professionale): ciò che è affiorato in maniera decisiva dallo studio è il fatto che le donne, ancor prima del problema del reddito, percepiscano la difficoltà di inserirsi nella professione e crearsi un nome sul mercato, probabilmente per via di una certa diffidenza mostrata sia dalla clientela sia dagli altri professionisti. A significare che la questione di genere è un terreno su cui è necessario effettuare numerosi passi in avanti nel nostro paese, anche e soprattutto a livello culturale.

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Abitare: l’architettura degli interni e la città

Sara Richichi, Giovanna Rezzonico , 2014, Maggioli Editore

Perché affrontare l’architettura degli interni partendo dalla città” Agli inizi del secolo scorso Raymond Unwin pubblicava La pratica della progettazione urbana, rivolto a studenti e professionisti dell’architettura, nel quale, pur riconoscendo la necessità e il merito di norme igieniche e…

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BIM in the Box? Avviso ai naviganti: vi stanno ingannando!

BIM in the box? Avviso ai naviganti: vi stanno ingannando!

Diffidate di coloro che propongono soluzioni BIM in the Box, espressione anglosassone per indicare chi promette a progettisti e aziende di farli diventare BIM Ready con l’acquisto di un software (… e relativo corso di formazione). Semplicemente: vi stanno ingannando!

Non ha usato mezzi termini l’ing. Luca Ferrari, direttore generale di Harpaceas, intervenendo al BIM Summit 2015 che si è svolto la scorsa settimana a Milano.

In particolare, Ferrari ha voluto dare tre avvisi ai naviganti, rivolti a chi, progettista o dipendente di un’impresa o di un’azienda della filiera delle costruzioni, sta decidendo la corretta modalità per avvicinarsi al Building Information Modeling.

“Negli ultimi mesi abbiamo assistito nel nostro Paese a una crescita esponenziale dell’interesse verso il BIM”, ha continuato Ferrari.

Ma come spesso avviene in questi casi, basti pensare al caso delle aziende specialiste in energia rinnovabile sorte come funghi con il Conto Energia, si è assistito a un fenomeno comprensibile ma estremamente insidioso.

Stiamo parlando, ha specificato il DG di Harpaceas, di “soggetti che fino a poco tempo fa ignoravano persino il significato dell’acronimo BIM e che oggi si propongono come esperti in materia”.

Insomma, per dirla con Luca Ferrari, sono entrati in scena gli imbonitori, i nani e le ballerine.

“Essendo il Building Information Modeling una metodologia di lavoro che, digitalizzando, va radicalmente a cambiare il modo di lavorare della filiera”, spiega Ferrari, “un’implementazione BIM di successo richiede competenze multidisciplinari: di progettazione, design, project construction, di ridisegno dei processi e dei flussi di attività, di gestione del cambiamento aziendale, di economia e controllo di gestione, informatiche (software, hardware e di definizione delle specifiche funzionali), legali e contrattuali, di coordinamento e gestione progettuale”.

La conseguenza di tutto ciò? Per Luca Ferrari “è chiaro che solo realtà costituite da anni nel settore o che siano riuscite ad aggregare queste competenze in modo stabile e duraturo possono candidarsi a un simile ruolo… noi pensiamo di esserlo”.

Occhio al BIM in the Box

Il BIM non è un software. Ormai questo messaggio deve essere entrato nella testa di coloro, tra i progettisti e gli imprenditori, che desiderano realmente esplorare le potenzialità di lavorare in BIM.

Proprio per questo, avvisa il DG di Harpaceas, occorre diffidare “di coloro che propongono di diventare BIM Ready grazie all’acquisto del software e del relativo corso di formazione”.

Ferrari parla espressamente dei software 3D parametrici. Alcuni soggetti desiderano fare passare l’idea che basti l’uso di uno di questi applicativi (peraltro già presenti dalla fine degli anni ’80) per lavorare in modalità BIM. Questa affermazione è, semplicemente, falsa.

Software tuttofare? Come i coltellini svizzeri

Gli americani dicono che Tutto, Subito e Bene possono andare solo in coppia. È infatti possibile fare tutto e subito, ma la qualità non sarà certamente eccelsa; oppure fare subito bene, ma di sicuro non sarà possibile presidiare tutti i campi e così via.

Parlando delle suites di software che promettono di fare tutto, l’ing. Ferrari ha utilizzato un’altra metafora: i coltellini svizzeri, utilizzabili in tante situazioni di emergenza ma incapaci di eccellere.

“Nessuna software house”, ha aggiunto Ferrari, spiegando la similitudine, “può eccellere in tutti i segmenti. È quindi necessario individuare, per ciascuna disciplina (progettazione architettonica, strutturale, impiantistica, model & cost checking, facility management, ecc.) il prodotto più adatto alle proprie necessità a patto che il prodotto stesso sia interoperabile grazie all’adozione dello standard IFC”.

Questo approccio, in effetti, garantisce ampia libertà agli utilizzatori, evita l’instaurarsi di monopoli e favorisce l’innovazione tecnologica … “come sempre avviene”, conclude Ferrari, “i tuttologi difficilmente hanno le risposte adeguate ai diversi problemi”.

bim BIM in the Box? Avviso ai naviganti: vi stanno ingannando!

Il Building Information Modeling – BIM

Mario Caputi – Paolo Odorizzi – Massimo Stefani , 2015, Maggioli Editore

“La società contemporanea sta vivendo una profonda trasformazione dovuta alla diffusione delle Tecnologie dell’Informazione (IT) che stanno modificando radicalmente il modo di vivere, di lavorare, di produrre documenti e di scambiare informazioni. Anche l’industria…

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Detrazione 65% Ecobonus, dovete sostituire l’impianto di climatizzazione invernale? Ecco come fare

Diagnosi energetica edifici

La tipologia di agevolazione fiscale che si ottiene con la detrazione 65% sul risparmio energetico e la riqualificazione energetica (in una parola: Ecobonus) consiste in detrazioni dall’Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) o dall’Ires (Imposta sul reddito delle società).

In cosa consiste la Detrazione 65% sulla riqualificazione energetica: il ripassone

La detrazione 65% viene concessa quando si eseguono interventi che aumentano il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti.

Le detrazioni sono riconosciute se le spese sono state sostenute per:
– riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento
– miglioramento termico dell’edificio (coibentazioni – pavimenti – finestre, comprensive di infissi)
– installazione di pannelli solari
– sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale.

Le detrazioni verranno ripartire in dieci rate annuali di pari importo e sono riconosciute al 55% per le spese sostenute fino al 5 giugno 2013 e al 65% delle spese sostenute dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2015 sia per interventi sulle singole unità immobiliari sia quando l’intervento è effettuato sulle parti comuni degli edifici condominiali, o se riguarda tutte le unità immobiliari di cui si compone il singolo condominio.

Dal 1° gennaio 2016 la detrazione 65% sarà sostituita con la detrazione fiscale prevista per le spese di ristrutturazioni edilizie al 50%.

La legge di stabilità 2015 ha esteso l’agevolazione alle spese sostenute dal 1° gennaio 2015 fino al 31 dicembre 2015 per l’acquisto e la posa in opera:
– delle schermature solari indicate nell’allegato M del decreto legislativo n. 311/2006, fino a un valore massimo della detrazione di 60.000 euro;
– di impianti di climatizzazione invernale dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili, fino a un valore massimo della detrazione di 30.000 euro.

Leggi anche Detrazione 65% riqualificazione energetica, tutti gli adempimenti per ottenerla

Detrazione 65% riqualificazione energetica per la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale

Per tali interventi il valore massimo della detrazione fiscale è di 30.000 euro.

Cosa si intende per “lavori di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale”? Si intende laa sostituzione, integrale o parziale, di impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione.
Per fruire dell’agevolazione è necessario, quindi, sostituire l’impianto preesistente e installare quello nuovo. Non è agevolabile, invece, l’installazione di sistemi di climatizzazione invernale in edifici che ne erano sprovvisti.

ATTENZIONE! Anche per la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale non è più richiesta (dal 15 agosto 2009) la presentazione dell’attestato di qualificazione energetica.

 

Detrazione 65% per sostituzione di impianti di climatizzazione invernale: pompe di calore, impianti geotermici e scaldacqua

Dal 1° gennaio 2008, l’agevolazione è ammessa anche per la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con pompe di calore ad alta efficienza e con impianti geotermici a bassa entalpia.

Dal 1° gennaio 2012, inoltre, la detrazione è stata estesa alle spese per interventi di sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria.

La detrazione, sempre nella misura massima di 30.000 euro, è riconosciuta anche per le spese sostenute dal 1° gennaio 2015 fino al 31 dicembre 2015 per l’acquisto e la posa in opera di impianti di climatizzazione invernale dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili.

Se in uno stabile alcuni appartamenti hanno il riscaldamento e altri no, la detrazione non può essere riconosciuta sull’intera spesa sostenuta per l’installazione di un nuovo impianto centralizzato di climatizzazione invernale, riferibile anche al riscaldamento delle unità prive di un preesistente impianto termico, ma deve essere limitata alla parte di spesa imputabile alle unità nelle quali tale impianto era presente.

Per individuare la quota di spesa detraibile, va utilizzato un criterio di ripartizione proporzionale basato sulle quote millesimali riferite a ciascun appartamento (circolare dell’Agenzia delle Entrate del 23 aprile 2010, n. 21/E).

ATTENZIONE! Nell’ambito sia della sostituzione, integrale o parziale, di impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti dotati di caldaie a condensazione – e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione – sia della sostituzione di impianti di riscaldamento con pompe di calore ad alta efficienza e impianti geotermici a bassa entalpia, è compresa nell’agevolazione anche la trasformazione:
– degli impianti individuali autonomi in impianti di climatizzazione invernale centralizzati, con contabilizzazione del calore
– dell’impianto centralizzato, per rendere applicabile la contabilizzazione del calore.

È esclusa dalla detrazione 65% per la riqualificazione energetica e il risparmio energetico la trasformazione dell’impianto di climatizzazione invernale da centralizzato a individuale o autonomo.

 

banner inviatospeciale 140x128 Detrazione 65% Ecobonus, dovete sostituire limpianto di climatizzazione invernale? Ecco come fare : “Per il momento, è tutto. Nella prossima puntata mi occuperò delle cifre massime che si possono detrarre con la detrazione 65% ecobonus per gli interventi sull’involucro e per la riqualificazione degli edifici esistenti. Quindi, state sintonizzati su Ediltecnico. Ciao a tutti!”

 

8891605900 Detrazione 65% Ecobonus, dovete sostituire limpianto di climatizzazione invernale? Ecco come fare

Progettare e riqualificare le pareti per ?l’efficienza energetica

Jonathan Giuseppe Gorgone – Giuseppe Messina – Fabrizio Russo , 2015, Maggioli Editore

Il volume analizza nel dettaglio le chiusure verticali opache (pareti) e trasparenti (finestre), strutturandone lo  studio in due diverse sezioni. Nella prima parte, più teorica, vengono inizialmente trattate le caratteristiche principali delle componenti di involucro opache e…

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Inquinamento terreni, l’operatore non è per forza responsabile: chi inquina paga

inquinamento terreni

La Corte di Giustizia Europea si è espressa sulla normativa dell’Italia a proposito della responsabilità dell’operatore sull’inquinamento terreni. In Italia non si impongono misure di prevenzione e di riparazione a carico dei proprietari non responsabili dell’inquinamento dei loro terreni. Questa normativa italiana, secondo la Corte di Giustizia Europea, è compatibile con il diritto dell’Unione.

Per giungere a tale conclusione la Corte ricorda la costante giurisprudenza italiana in base alla quale il principio “chi inquina paga” (articolo 191, paragrafo 2, TFUE) si rivolge all’azione dell’Unione e non può essere invocata da privati o da autorità amministrative.

La Direttiva 2004/35/CE sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale dice che l’operatore che gestisce un sito deve, in linea di principio, sopportare i costi delle misure di prevenzione e di riparazione adottate in risposta al verificarsi di un danno ambientale.
Questi costi però non sono a suo carico nel caso in cui l’operatore possa provare che il danno è stato causato da terzi.

La Corte analizza i presupposti della responsabilità ambientale della Direttiva e si sofferma in particolare sulla nozione di «operatore» e sulla necessità della sussistenza di un nesso causale tra l’attività dell’operatore e il danno ambientale: le persone diverse dagli operatori non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva e, quando non può essere accertato alcun nesso causale tra il danno ambientale e l’attività dell’operatore, tale situazione non rientra nel diritto dell’Unione, bensì nel diritto nazionale.

La direttiva consente comunque agli Stati membri di adottare norme più severe.

Per inquinamento terreni, a loro carico, gli Stati membri UE sono liberi di prevedere, allorché tali misure sono adottate dalle autorità, una responsabilità solo patrimoniale.

Leggi anche Reati ambientali al traguardo: i punti cardine del ddl Ecoreati

 

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La redazione di una consulenza tecnica in ambito penale per reati edilizi, urbanistici e ambientali

Ciro Iannicelli , 2013, Maggioli Editore

Il volume prende spunto da una esperienza professionale maturata in anni di lavoro nel settore della consulenza tecnica d’ufficio in ambito penale. Il taglio del testo è di tipo manualistico, trattando della tecnica e della pratica utile a redigere una relazione di consulenza in tale…

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Edifici scolastici: 350 milioni in arrivo per l’efficienza energetica

Efficienza energetica

700 interventi effettuabili grazie ad uno sblocco di fondi che ammonterà a 350 milioni di euro: è questo il significato concreto della firma trasmessa giovedì dal ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ai dicasteri di Economia, Sviluppo economico e Istruzione in merito al decreto che concederà prestiti agevolati attraverso il fondo rotativo “Kyoto”.

Scuole: miglioramento prestazioni energetiche
Il provvedimento è in procinto di attuare parte del Decreto Competitività (decreto legge 91/2014) e conferirà la possibilità di concedere prestiti a tasso agevolato dello 0,25% (quindi dimezzato rispetto alla norma) per lavori di miglioramento delle prestazioni energetiche negli edifici scolastici pubblici.

A beneficiare di tali finanziamenti saranno i “soggetti pubblici competenti”: stiamo ovviamente parlando dei possessori di immobili di proprietà pubblica adibiti all’istruzione scolastica, quindi Comuni e Province. Saranno inclusi nell’intervento anche asili nido ed edifici d’istruzione universitaria, o di alta formazione artistica, musicale e coreutica.

Leggi anche l’articolo Efficienza energetica: la sfida dell’UE per una strategia condivisa.

Come ottenere i finanziamenti
Ma come fare per ottenere tali finanziamenti a tasso agevolato? Innanzitutto è necessario eseguire la diagnosi energetica dell’immobile e redigere la certificazione energetica. Gli interventi dovranno inoltre condurre a risultati concreti nel miglioramento del parametro di efficienza energetica dell’edificio scolastico di almeno 2 classi energetiche nel giro di 3 anni. Se questo obiettivo non viene raggiunto e contestualmente certificato, il finanziamento sarà revocato.

Per saperne di più in relazione a tale importante novità regolamentare occorrerà attendere qualche settimana: i criteri più specifici e le modalità di erogazione dei finanziamenti saranno infatti disponibili entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto.

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Efficienza energetica e patrimonio costruito

Valeria Pracchi, Elena Lucchi , 2013, Maggioli Editore

L’efficienza energetica è argomento molto discusso. Ciò nonostante non sono numerosi i testi, almeno in lingua italiana, dedicati ad affrontare la questione del miglioramento delle prestazioni energetiche del patrimonio storico, particolarmente di quello sottoposto a tutela per la sua…

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POS obbligatorio, il ruggito di Confedertecnica: “Stato di polizia tributaria”

POS obbligatorio

Confedertecnica ci va giù pesante: “Stato di polizia tributaria”. L’innesco dell’esternazione della Confederazione Sindacale Italiana delle Libere Professioni Tecniche, manco a dirlo, sono le nuove norme integrative in fase di preparazione in questi giorni in Parlamento che andranno a rinforzare l’obbligo di POS per professionisti ed artigiani.

L’obbligo del POS non è solo assurdo – afferma un comunicato di Confedertecnica, l’ente che riunisce tutti i liberi professionisti tecnici – ma è la dimostrazione di come la politica sia ormai distante, quando non contrapposta, rispetto alla vita quotidiana delle Pmi, dei professionisti e delle partite IVA, che in Italia sono sottoposti a sempre maggiori obblighi a fronte di sempre minor lavoro”.

Il decreto legge 18 ottobre 2012, n.179, in vigore dallo scorso 30 giugno, per il momento non ha condotto a quella diffusione capillare della tipologia di pagamento tanto auspicata dal legislatore, inserita dentro la strategia più ampia volta a rendere tracciabili tutti i pagamenti. Il POS, ricordiamo, è quel il dispositivo elettronico (“point of sale”) che consente di ricevere pagamenti anche mediante bancomat. Già durante la scorsa estate un uragano di polemiche si era abbattuto sull’entrata in vigore dell’obbligo di dotazione di POS, il quale è rimasto però fino ad oggi completamente sprovvisto di sanzioni idonee a colpire coloro che non si adeguano. Ora il Parlamento sta valutando una bozza di testo idonea ad integrare gli articoli già approvati nello scorso maggio (quando appunto il suddetto obbligo venne approvato senza l’indicazione della parte sanzionatoria per chi non ottemperasse).

Ecco la scansione delle sanzioni prevista nel testo (non ancora definitivo): una prima ammenda di 500 euro per chi è sprovvisto di POS. Una volta pagata la sanzione ci sono 30 giorni di tempo per adeguarsi e 60 giorni per comunicare alla Guardia di Finanza l’avvenuta installazione. In caso di mancato adeguamento si concretizza una seconda ammenda, questa volta di 1000 euro. In caso di ulteriore inadempimento scatta infine la sospensione dell’attività professionale o commerciale sino al completo adeguamento alla normativa in materia. Per ulteriori info in materia consulta l’articolo POS obbligatorio professionisti, bastone e carota per renderlo effettivo?

Alla luce di queste novità Confedertecnica reagisce senza l’utilizzo di mezzi termini stigmatizzando l’ennesimo provvedimento-capestro che minaccia e punisce severamente professionisti e partite Iva già colpite duramente dalla crisi: “Si sta manifestando uno stato di polizia tributaria che perseguita i professionisti in ogni momento della loro attività, mentre quando gli stessi professionisti eseguono prestazioni per la Pubblica Amministrazione si trovano ancora a fare i conti con tempi lunghi e difficili riscossioni, che a dispetto della recente legge avviene ancora molti mesi dopo la presentazione della fattura. Altro che POS”, afferma il Presidente di Confedertecnica, Calogero Lo Castro, il quale conclude: “Ci sono due pesi e due misure sempre più distanti, e la sofferenza a carico dei liberi professionisti, tecnici e non, in Italia sta superando ogni limite”.

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INARCASSA opaca, è ora di cambiare. Loredana Regazzoni a Ediltecnico

Loredana Regazzoni, candidata per le elezioni INARCASSA

Scarsa discussione sulle scelte di INARCASSA e una “gestione opaca” che va cambiata, approfittando delle elezioni per il rinnovo del comitato nazionale dei delegati della cassa previdenziale degli ingegneri e degli architetti liberi professionisti.

È questa in estrema sintesi una delle riflessioni dell’arch. Loredana Regazzoni, candidata alle elezioni INARCASSA che si terranno la prossima settimana e oggi esponente di Federarchitetti di Roma e tesoriere nazionale di Confedertecnica.

Abbiamo raggiunto l’arch. Regazzoni per capire quali sono i suoi obiettivi e programmi per il rinnovo di INARCASSA.

Mauro Ferrarini. Anzitutto, architetto, perché questa decisione di candidarsi?

Loredana Regazzoni. Per rimettere in gioco le esperienze acquisite nei trascorsi 5 anni in funzione di un cambiamento netto nella governance di INARCASSA.

Mauro Ferrarini. Lei invoca trasparenza nella gestione INARCASSA. Cosa rimprovera alla amministrazione uscente?

Loredana Regazzoni. Definirei la gestione uscente opaca in quanto tutte le scelte fondamentali della gestione di INARCASSA, assunte dal CdA e votate da una maggioranza blindata, non hanno avuto modo di essere adeguatamente discusse, tenendo conto anche delle istanze dell’opposizione. Anche se il governo uscente sostiene il contrario.

Mauro Ferrarini. Come sta cambiando la professione degli Architetti e come può la cassa di previdenza agevolare le nuove esigenze degli iscritti?

Loredana Regazzoni. La professione dell’architetto sta cambiando in peggio e non per colpa degli architetti.

La crisi economica, il numero sproporzionato dei laureati in architettura rispetto a quanti ne può assorbire il mercato, l’accaparramento del lavoro in house messo in atto dalle pubbliche amministrazioni e da ultimo, ma non ultima, la scadente formazione  a livello europeo. A fronte di tutti questi fattori negativi, INARCASSA dovrebbe in generale allentare la pressione impositiva sugli iscritti consentendo, almeno finché perdura la crisi, una maggiore flessibilità contributiva.

Mauro Ferrarini. Telegrafica: tre priorità del suo programma…

Loredana Regazzoni. Numero uno: gestione trasparente, che non significa sapere, minuto per minuto, ciò avviene all’interno del CdA o del CND di INARCASSA, ma informare e coinvolgere gli iscritti sulle scelte gestionali che devono essere indirizzate esclusivamente a favore di quest’ultimi.

Numero due: reintrodurre la pensione minima garantita.

Numero tre: modulare la contribuzione dell’iscritto sulle sue reali capacità reddituali.

Mauro Ferrarini. Il DURC è sempre più spesso un problema, in questi tempi di crisi…

Loredana Regazzoni. Il problema del DURC è il gatto che si morde la coda: se non ho il DURC non posso accedere all’incarico professionale, se non ho l’incarico, e quindi non guadagno, non posso assolvere agli impegni previdenziali e quindi non ho la regolarità contributiva necessaria al rilascio del DURC.

Mauro Ferrarini. E quindi?

Loredana Regazzoni. Va spezzato questo anello mortale. Il rilascio del DURC deve diventare un automatismo controbilanciato da un sistema che consenta che parte dell’emolumento spettante al professionista venga riversato ad INARCASSA in tempi certi.

Mauro Ferrarini. Ha senso il meccanismo sanzionatorio per gli architetti inadempienti, oggi?

Loredana Regazzoni. Il meccanismo sanzionatorio, anche se mitigato rispetto ad un passato recente, è pur sempre un onere insostenibile per chi non ce la fa nemmeno a provvedere alla contribuzione minima. Andrebbe rivisto, se non abolito.

Mauro Ferrarini. Su quali strumenti finanziari punterebbe, per investire il patrimonio INARCASSA?

Loredana Regazzoni. Si dovrebbe puntare ad una maggiore redditività degli investimenti per una più soddisfacente redistribuzione degli utili sugli emolumenti agli iscritti tenendo pur sempre presenti norme di cautela che evitino gli investimenti a alto rischio

Mauro Ferrarini. Qual è a suo avviso il futuro della Fondazione?

Loredana Regazzoni. Proporrei di riesaminare lo statuto della Fondazione, basandolo su criteri di pariteticità dei soci fondatori. In alternativa, abolirei  la Fondazione, così come strutturata, per dedicare maggiori risorse al sostegno del reddito, direttamente erogabili da INARCASSA. Si implementerebbe la funzione assistenziale della Cassa e si sgombrerebbe definitivamente il campo da equivoci di rappresentanza.

Mauro Ferrarini. Si vota dal 10 al 12 marzo. Perché un iscritto a INARCASSA dovrebbe andare a votare?

Loredana Regazzoni. È importante che ci sia una massiccia partecipazione al voto: primo per consentire il raggiungimento del quorum che è pari al 20% degli iscritti, secondo perché l’scritto darebbe un segnale forte della volontà di coinvolgimento nel governo di INARCASSA.

Come si vota

Hanno diritto di elettorato attivo gli architetti e gli ingegneri formalmente iscritti nel ruolo previdenziale di INARCASSA alla data del 10 ottobre 2014 e ancora iscritti alla data di votazione.

Nella città di Roma, ad esempio, si vota presso la sede del Notaio Luciana Fiumara, piazza Orazio Marucchi, 5, il 10, 11 e 12 marzo, dalle ore 9,30 alle 12,30 e delle 16,30 alle 19,30.

Elenco degli studi notarili presso i quali saranno istituiti i seggi elettorali

Si può votare anche per posta utilizzando la busta contenuta nella lettera inviata a tutti gli iscritti. La busta deve contenere: la scheda personale debitamente compilata, la scheda di votazione con il cognome e nome del candidato che si intende votare, senza ulteriori segni, e copia del documento di identità in corso di validità. La busta va spedita tramite raccomandata semplice.

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Reati ambientali al traguardo: i punti cardine del ddl Ecoreati

Reati ambientali al traguardo: i punti cardine del ddl Ecoreati

Il ddl Ecoreati arriva sul rettilineo finale e si prepara a diventare legge dello Stato a tutti gli effetti. Il testo che disciplinerà il tema spinoso dei reati ambientali, infatti, passa all’esame della Camera, dopo avere incassato, in seconda lettura, l’OK dai senatori che l’hanno approvato a larghissima maggioranza.

Il veloce passaggio a Palazzo Madama rappresenta “un’ottima risposta alle molte ferite del nostro Paese in ambito ambientale, come ad esempio quella di Eternit”, ha detto un soddisfatto Ministro della giustizia. Andrea Orlando commentando la notizia.

E sul testo del ddl Ecoreati, in effetti, si è registrata una insolita convergenza bipartisan che “mette insieme una maggioranza più ampia rispetto a quella rappresentata nel Governo”.

Ma quali saranno, in definitiva, i pilastri su cui si fonderà la nuova norma sul contrasto dei reati ambientali? Vengono definite, anzitutto, definizioni precise e pene severe per i reati di inquinamento e disastro ambientale. Introdotto il concetto di controllo impedito e di omessa bonifica, mentre si parla anche di ravvedimento operoso (leggi in merito quanto scritto su queste pagine) e di confisca.

Inquinamento e disastro ambientale

Gli articoli 452-bis e 452-ter definiscono i concetti di inquinamento ambientale e di disastro ambientale.

Il primo è una compromissione o un deterioramento significativo e misurabile di acque, aria, suolo, sottosuolo, ecosistemi e biodiversità di flora e fauna. Tali delitti vengono puniti con una pena detentiva da 2 a 6 anni e con sanzioni da 10.000 s 100.000 euro.

Il disastro ambientale, invece, viene definita come un’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema, per la cui eliminazione sono necessari mezzi eccezionali e onerosi. Chi si macchia del reato di disastro rischia la reclusione da 5 a 15 anni.

In entrambi i casi si parla di un reato di danno, per cui l’evento o l’azione che lo causa deve essere abusivo. Un caso classico, per esempio, è lo scempio che è stato perpetrato nella Terra dei Fuochi.

Omessa bonifica

Tra i reati ambientali contenuti nel disegno di legge c’è anche quello di omessa bonifica che può essere contestato a chi, costretto da un giudice o da una qualsiasi autorità in materia, non ottempera all’azione riparatrice. In questi casi si rischia la galera per un periodo variabile da 1 a 4 anni e fino a 80.000 euro di sanzione.

Ravvedimento operoso

Forse il tema più contestato, soprattutto dalle associazioni ambientaliste che hanno parlato di un “salvacondotto per chi inquina”.

In sostanza, chi cerca di porre rimedio immediato a un possibile danno ambientale o collabora con le autorità per rintracciare cause e responsabili, può godere di un considerevole alleggerimento della propria posizione con una riduzione di pena che può arrivare fino ai 2/3.

Rimane comunque valido il raddoppio dei tempi per la prescrizione dei reati ambientali.

Controllo impedito

Novità anche per chi cerca di ostacolare il normale controllo dello stato dei luoghi da parte delle autorità preposte. Divieti, blocchi o attività che impediscono il corretto prelevamento dei campioni, infatti, possono costare una pena detentiva per controllo impedito da 6 mesi a 3 anni.

Confisca di beni e reddito

Altra novità nel ddl ecoreati è la possibilità di procedere alla confisca, anche per equivalente, del prodotto e del profitto del reato.

Non possono essere confiscati i beni di coloro che si prestano efficacemente al contenimento del danno causato. Per i delitti di traffico illecito di rifiuti e disastro ambientale prevista la confisca preventiva dei valori che, rispetto al reddito, risultino ingiustificati o sproporzionati.

Ora il testo sui reati ambientali torna per un terzo giro di consultazione alla Camera, ma visto l’ampio consenso al testo rimediato in Senato è facile prevedere un iter spedito per la definitiva approvazione.

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