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Nuovo PREGEO 10.6.0, le novità punto per punto

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Con la circolare 30/E del 29 dicembre 2014 dell’Agenzia delle Entrate è stata ufficializzata la nuova versione PREGEO 10.6.0 della procedura informatica del catasto dei terreni per la predisposizione degli atti di aggiornamento cartografico, che è divenuta obbligatoria a partire dal 2 gennaio 2015.

Si ricorda che l’introduzione della procedura PREGEO nella prassi di conservazione catastale è avvenuta sin dal 1° gennaio 1989 e che sono già oltre 4 anni che con l’adozione della procedura Pregeo 10 Versione 10.5.1 è avvenuto il cambiamento sostanziale filosofico in tema di approccio  nella predisposizione e nel trattamento degli atti di aggiornamento, prevedendo l’approvazione in forma completamente automatizzata, senza intervento di operatori dell’Ufficio.

Tornando alla nuova versione PREGEO, si rammenta che dal 7 aprile 2014 è stata utilizzata in forma sperimentale presso alcuni uffici dell’Agenzia delle Entrate e che  già dall’1 luglio 2014 è stata resa utilizzabile, in via facoltativa, su tutto il territorio nazionale e per tutti i professionisti.

Il nuovo sistema adotta un modello tecnico-operativo che supera quello attuale ed è predisposto per la trattazione totalmente automatica di un maggior numero di tipologie di atti di aggiornamento geometrici (con la precedente versione solo il 50% dei tipi era trattato in forma automatica).

La nuova procedura consente di registrare le variazioni del catasto terreni in maniera automatica, senza alcun intervento manuale, partendo dalla proposta presentata dal professionista, dall’estratto di mappa e dal modello per il trattamento dei dati censuari.
Per i professionisti, in sostanza, si tratta di una semplificazione della loro attività in quanto dalla precedente codifica degli atti che constava di ben 34 tipologie, si passa ora ad un numero ben più ridotto di casistiche.

Inoltre, con la circolare 30/E/14  sono stati forniti alcuni chiarimenti in merito alle seguenti  trattazioni:
– Gestione delle particelle con superficie reale;
– Atti di aggiornamento che trattano fabbricati interrati;
– Atto di aggiornamento misto (Tipo di Frazionamento + Tipo Mappale);
– Atti di aggiornamento con la conferma della rispondenza della mappa catastale allo stato dei luoghi;
– Formazione dei lotti;
– Tipo mappale con stralcio di corte;
– Gestione delle particelle con superficie reale;
– Utilizzo del “Punto Ausiliario”;
– Riposizionamento di un fabbricato;
– Casi particolari di compilazione della “Riga di tipo 8”.

La nuova versione PREGEO 10.6.0: le novità

La tassonomia degli atti di aggiornamento cartografici
Viene generata sulla base dell’enucleazione delle operazioni catastali effettuate dall’atto di aggiornamento dall’insieme delle possibili operazioni definite a priori, tra le seguenti:
– dpf demolizione di un fabbricato annesso ad una particella o di porzione di fabbricato ;
– dtf demolizione totale di un fabbricato ;
– amf ampliamento di un fabbricato esistente;
– ncf inserimento di un nuovo fabbricato;
– frp frazionamento di particelle;
– fup fusione di particelle o di derivate di particelle;
– vrg aggiornamento di linee varie, simboli o testi;
– sub aggiornamento relativo a subalterni di fabbricati rurali.

La nuova procedura enuclea automaticamente le operazioni catastali contenute implicitamente in un atto di aggiornamento sulla base del confronto di tipo geometrico tra la “proposta di aggiornamento cartografico” che il tecnico professionista produce durante la predisposizione dell’atto e l’estratto di mappa. Contestualmente la procedura esplica tutti i controlli che competono alla tipologia determinata.
Al tecnico professionista è demandato il compito di selezionare una “macro categoria”, come di seguito indicato.

Nuova versione PREGEO 10.6.0: le macro categorie
Le macro categorie, rispetto alle due precedenti  sono state splittate in tre gruppi: Categoria Ordinaria, Semplificata e Speciale (cfr. maschera interattiva di selezione).

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Alla Categoria “Ordinaria”  appartengono gli atti di aggiornamento:
1. Tipo di Frazionamento;
2. Tipo Mappale per Nuova Costruzione  ( superfice > di  20 mq);
3. Tipo Mappale per Ampliamento (incremento di superficie coperta > al 50% della superficie occupata dal corpo di fabbrica preesistente);
4. Tipo Misto (Tipo di Frazionamento + Tipo Mappale);
5. Tipo Mappale con Scorporo di Corte;
6. Tipo mappale con Conferma di Mappa;
7. Tipo Mappale per Soppressione di subalterni rurali;
8. Tipo di frazionamento per l’attribuzione di un numero identificativo catastale autonomo a fabbricati graffati alle particelle;
9. Tipo mappale per la fusione di particelle.

Nella Categoria “Semplificata” rientrano tutti i Tipi Mappali per la denuncia di costruzioni di scarsa rilevanza cartografica :
1. Unità afferenti fabbricati già censiti o nuove costruzioni aventi superficie minore o uguale a 20 mq;
2. Costruzioni realizzate in aderenza a fabbricati già inseriti in mappa e comportanti un incremento di superficie coperta minore o uguale al cinquanta per cento della superficie occupata dal corpo di fabbrica preesistente;
3. Manufatti precari in lamiera o legname, le costruzioni in muratura di pietrame a secco, le tettoie, le vasche e simili, purché abbiano modesta consistenza plano-volumetrica.

Nella Macro Categoria “Speciale” rientrano gli atti di aggiornamento di seguito elencati:
1. Tipo particellare;
2. Atto di aggiornamento a rettifica di un atto precedente, per il quale risultano errate alcune misure significative

In alcuni casi non si ha corrispondenza biunivoca tra le operazioni catastali elementari contenute in un atto ed una macrocategoria. In questi casi la scelta della macrocategoria deve essere  effettuata dal Tecnico.

Il modello censuario
La procedura informatica genera in automatico una bozza del “modello censuario” riepilogativo delle operazioni censuarie da effettuarsi nella banca dati catastale. Si ricorda che si tratta di una proposta e nel caso in cui tale modello non dovesse rappresentare la variazione catastale che si intende eseguire, il professionista dovrà, coerentemente con la variazione catastale stessa, modificare il modello per il trattamento dei dati censuari, rispettando, comunque, i criteri usuali  già definiti nella nella prassi pregressa.

Nuova versione PREGEO 10.6.0: gestione delle particelle con superficie reale
Nel caso in cui il bordo di una particella venga rilevata interamente deve essere trattata con l’attributo di superficie reale (SR) apposto nell’apposito campo sul modello censuario.  Nel record descrittivo del poligono chiuso che definisce il bordo esterno della particella, deve essere inserito l’identificativo della particella. L’identificativo deve essere lo stesso di quello utilizzato dall’estratto di mappa, dalla proposta di aggiornamento e dal modello censuario. Se la particella presenta uno o più poligoni interni nel record descrittivo di ciascuno di essi dovrà essere utilizzato lo stesso identificativo del bordo esterno con il suffisso “-”. Il valore della superficie reale calcolato automaticamente dalla procedura verrà riportato nella bozza del modello censuario. Nella fase dei controlli la procedura riscontra l’esistenza dei poligoni rappresentativi dei bordi delle particelle dichiarate a superficie reale nel modello censuario e ne riscontra altresì il valore numerico con l’approssimazione della centiara.

Utilizzo del “Punto Ausiliario”
L’uso del punto ausiliario è disciplinato nella “Istruzione per il rilievo catastale di aggiornamento” approvata con Decreto del Direttore Generale prot. n. 4A/322 del 19 gennaio 1988,  ed è prevista nel  caso in cui il collegamento di un punto fiduciale agli altri due richieda una complessità di operazioni topografiche tali per cui la determinazione delle reciproche posizioni tra i punti stessi risulterebbe poco affidabile.

Viene precisato che il punto ausiliario deve essere utilizzato soltanto per la redazione di atti di aggiornamento appartenenti alla Macro Categoria “Ordinaria”, per i quali è obbligatorio l’appoggio del rilievo ai punti fiduciali. In caso contrario, un apposito controllo presso l’Ufficio, intercetterà la fattispecie e l’atto di aggiornamento sarà archiviato con lo stato “elaborato con errore e  respinto.

In caso di atti con  il ricorso al punto ausiliario, è stato introdotto nella procedura un controllo che  consentirà la dematerializzazione dell’atto di aggiornamento in pdf solo in presenza di  sovrabbondanza di misure, come previsto dall’Istruzione per il rilevo (ad es. come nel caso di due stazioni celerimetriche collegate fra di loro e con i due punti fiduciali di appoggio, Es. 1/A).

Riposizionamento di un fabbricato
Nell’ambito  dello stesso atto di aggiornamento deve essere operata preliminarmente la demolizione del fabbricato esistente attraverso l’utilizzazione degli appositi comandi presenti nella procedura di aggiornamento e il fabbricato deve essere riposizionato secondo i seguenti criteri:
– con misure rilevate sul terreno e con appoggio ai punti fiduciali, se il fabbricato ha una superficie maggiore di 20 mq (Macro Categoria “Ordinaria” e natura dell’atto di aggiornamento “Tipo Mappale per Nuova Costruzione”;
– con la modalità semplificata prevista  del Decreto del Ministero delle Finanze n. 28 del 2 gennaio 1998, se di scarsa rilevanza cartografica (Macro Categoria “Modesta Entità” e natura dell’atto di aggiornamento “Tipo Mappale”).

Nuova versione PREGEO 10.6.0: atto di aggiornamento misto (Tipo di Frazionamento + Tipo Mappale)
Controlli seguiti dalla procedura:
– devono essere presenti sull’atto d’aggiornamento sia il modello per il trattamento dei dati censuari relativo al tipo di frazionamento, sia quello relativo al tipo mappale;
– il modello per il trattamento dei dati censuari del tipo di frazionamento deve precedere quello del tipo mappale;
– con il tipo di frazionamento è possibile formare lotti attraverso la fusione di particelle aventi la stessa proprietà, qualità e classe, con esclusione delle particelle aventi qualità “Ente Urbano” (282) e “Fabbricato Promiscuo” (278);
– con il tipo mappale è possibile trattare solo le particelle costituite dal frazionamento, nel caso di formazione di lotti almeno una delle componenti del lotto deve derivare dal tipo di frazionamento;
– nel tipo mappale almeno una particella variata o costituita deve avere qualità “Ente Urbano” (282) e/o “Fabbricato Promiscuo” (278);
– con il tipo mappale è possibile la formazione dei lotti attraverso l’accorpamento di particelle aventi qualità “Ente Urbano” (282) e/o “Fabbricato Promiscuo” (278).

Articolo di Antonio Iovine

Leggi anche Riforma Catasto tra luci e ombre: intervista all’Ing. Antonio Iovine

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La riforma del catasto fabbricati

Antonio Iovine , 2014, Maggioli Editore

Finalmente, dopo circa 21 anni, con l’approvazione della legge per la riforma del catasto urbano, contestualmente alla delega fiscale, si ripresenta al Paese una opportunità da non perdere per intervenire radicalmente nel settore impositivo immobiliare, che…

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Pos obbligatorio, il credito d’imposta sulle spese non è un miraggio

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Forme di detrazioni fiscali per il Pos obbligatorio sono state al centro dell’audizione dell’Abi (Associazione delle banche italiane) alla Camera dei Deputati, il 13 gennaio. Si tratta di soluzioni per la revisione dei metodi dell’utilizzo del Pos obbligatorio per l’accettazione dei pagamenti. L’obiettivo è quello di favorire il ricorso alla moneta elettronica senza gravare sugli operatori.

Le incentivazioni fiscali devono essere infatti sia a favore del titolare sia a favore degli esercenti, e rappresentano una strada percorribile per favorire ancora di più l’utilizzo degli strumenti diversi dal contante. Le proposte sono diverse, ecco di seguito le principali:
– forme di detrazione fiscale a fronte di documentate spese effettuate con strumenti di pagamento diversi dal contante,
– riduzione/eliminazione dell’imposta di bollo sull’estratto conto della carta,
credito d’imposta per i costi legati all’acquisizione e alla manutenzione del Pos, divenuto obbligatorio.

Altre erano state le proposte di Confcommercio: POS obbligatorio, Confcommercio: ecco come ridurre i costi

Come avvengono le transazioni in Italia e Europa?
Nel 2009 in Italia 90 transazioni su 100 avvenivano in contanti, mentre la media europea era 70: ne derivano maggiori costi sociali per i pagamenti, minore velocità e minore trasparenza degli scambi. Nel  2012 in Italia i pagamenti in contanti si sono ridotti a 87 su 100, e anche la media UE è scesa a 60 su 100.
Carte e bonifici sono gli strumenti elettronici più utilizzati in Europa: in Italia nel 2012 sono state effettuate con carta (quindi anche con il Pos, divenuto obbligatorio anche per i professionisti) il 46% delle transazioni elettroniche, con bonifici il 28%.

Credito di’imposta per Pos obbligatorio: non conosciamo i dettagli

Occorre quindi partire con iniziative di sensibilizzazione e appoggiare gli investimenti per il commercio elettronico come nuova opportunità di business per le imprese italiane, in particolare quelle medio-piccole, con canali di vendita on line. Occorre favorire l’utilizzo del Pos obbligatorio per i Professionisti, il credito d’imposta per i costi di acquisto e manutenzione è un punto di partenza, ma non conosciamo i termini della questione. Speriamo di essere informati presto, perchè l’obbligo è partito e le spese ci sono.

Leggi anche Quanto costa il POS obbligatorio? Per il MISE da 25 a 180 euro

Le proposte delle Banche hanno ricevuto il nulla osta dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, favorevole ad avviare un tavolo di consultazione con i Ministeri competenti, gli Ordini professionali, le associazioni interessate e le banche, per ridurre i costi dei pagamenti elettronici e dell’utilizzo del Pos obbligatorio. Come Professionisti, siamo già arrabbiati, vediamo se saranno in grado di darci uan amno.

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Modelli Unici CIL e CILA: entro il 16 febbraio in tutti gli 8mila Comuni italiani

Modelli Unici CIL e CILA

Modelli unici semplificati per CIL e CILA: il percorso verso la semplificazione inizia adesso. E sembra che si faccia finalmente sul serio: il ministro della Pubblica Amministrazione Marianna Madia, il presidente dell’Anci, Piero Fassino e quello della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino hanno infatti inviato una lettera ai sindaci e ai presidenti di Regione al fine di sollecitare l’adozione tempestiva dei modelli unificati e semplificati per la comunicazione di inizio lavori (CIL) e per la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) per gli interventi di edilizia libera.

L’accordo siglato lo scorso 18 dicembre dalla Conferenza Unificata inaugura ufficialmente i due modelli che provvederanno a semplificare in maniera sensibile le procedure burocratiche per imprese e cittadini. Il nuovo modulo CILA, ad esempio, unifica e razionalizza quelli in uso negli 8mila Comuni Italiani e dà attuazione alle semplificazioni del decreto “Sblocca Italia”.

Leggi in proposito l’articolo Semplificazioni in edilizia: arriva l’ok ai modelli per CIL e CILA.

Sulla base di quanto previsto a dicembre dalla legge e dall’Accordo, quindi, le Regioni sono tenute ad adeguare entro 60 giorni (ovvero entro il 16 febbraio) la modulistica alle specifiche normative regionali e di settore (utilizzando le informazioni individuate come variabili). Entro lo stesso termine, i Comuni devono adeguare la modulistica in uso. Pertanto entro la metà del mese di febbraio la grande semplificazione avrà concretamente luogo in tutti i Comuni presenti nella nostra penisola.

Al fine di affrontare e comprenndere le molteplici innovazioni in materia edilizia e nei relativi endoprocedimenti apportate dal Decreto Sblocca Italia Maggioli Editore propone il volume Tutte le semplificazioni delle procedure edilizie nel “Decreto Sblocca Italia”. Il libro è redatto dal nostro esperto di riferimento, l’Arch. Mario di Nicola.

Una nota proveniente dal Governo afferma che “l’adeguamento della modulistica da parte delle Regioni e dei Comuni, destinato ad avere un largo impatto su cittadini e imprese, sarà monitorato e pubblicizzato sulle pagine web funzionepubblica.it, regioni.it e anci.it. Per questa ragione vi preghiamo di inviare la notizia dell’adozione dei nuovi moduli e il relativo link all’indirizzo agendasemplificazione@governo.it”.

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Tutte le semplificazioni delle procedure edilizie nel “Decreto sblocca Italia”

Di Nicola Mario , 2014, Maggioli Editore

Continua la semplificazione della disciplina edilizia attraverso l’introduzione di importanti novità con il decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, meglio conosciuto come “Decreto sblocca Italia”, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164.
Il provvedimento…

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Professionisti nella morsa tra crisi e tassazione eccessiva: e il Governo cosa fa?

Professionisti nella morsa

Regime dei minimi, crisi che non accenna a finire, lavoro che non riparte davvero: sono tempi duri per i professionisti questi. A sottolineare ulteriormente l’evidenza di un momento non facile per tutto il comparto è il presidente nazionale di Confprofessioni, Gaetano Stella, il quale nel corso del convegno di Sant’Apollonia a Firenze, organizzato da Regione Toscana e Commissione regionale dei soggetti professionali ha lanciato l’allarme sullo stato di crisi dei liberi professionisti, penalizzati pesantemente dalle ultime misure del Governo.

Gli studi professionali stanno vivendo un periodo di recessione senza precedenti. Da un lato, la crisi economico-finanziaria che ha investito i mercati, l’economia in genere, le attività produttive e i consumi, non sembra voler allentare la presa; dall’altro lato, la politica non ha dato risposte concrete, anzi ha voltato le spalle ai professionisti e al lavoro autonomo intellettuale”.

Le nuove regole sul regime dei minimi e l’aumento della contribuzione INPS penalizza i giovani professionisti con Partita IVA – spiega Stella –  stiamo subendo un innalzamento della doppia tassazione sui rendimenti delle casse previdenziali private; siamo stati esclusi senza alcuna ragione dalla cassa integrazione in deroga e assistiamo a un incremento esponenziale degli adempimenti richiesti ai liberi professionisti nell’esercizio della loro attività e dal Governo italiano non abbiamo ricevuto alcun segnale sulle raccomandazioni della commissione europea in merito al diritto dei professionisti di accedere ai fondi strutturali europei”.

Per approfondire leggi l’articolo Regime dei minimi per i giovani Tecnici: 3000 euro di tasse in più, 200 di reddito in meno.

Nel frattempo il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha riconosciuto pubblicamente, per la prima volta, di aver commesso un errore clamororo in materia di regime dei minimi. Errore a cui, ha assicurato, porrà prima possibile rimedio. L’aumento più significativo della tassazione portato dal nuovo regime dei minimi comporta infatti un balzo dal 5% al 15% del prelievo sulle attività che rientrino entro questo specifico canone tributario.

E gli effetti cagionati dalla nuova disciplina sembrerebbero essere esattamente opposti rispetto a quelli che la compagine governativa si era prefissata, con un picco di aperture di Partite IVA negli scorsi mesi di novembre e dicembre per evitare di rientrare nel nuovo penalizzante regime. All’orizzonte si palesa ora una possibilità di marcia indietro: potrebbe infatti essere adottato già nel primo Consiglio dei ministri disponibile un testo di correzione, in maniera tale da ripristinare il vecchio regime agevolato. Tra le misure allo studio ci sarebbe anche un ritorno a limiti di reddito più alti, per consentire ad un numero più elevato di lavoratori in proprio di avvalersi del forfait fiscale.

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Casa dolce casa? Non più: ecco quanto rende una abitazione in affitto

Casa dolce casa?

Casa, dolce casa: fino a ieri un’esclamazione felice, quasi un brocardo dell’anima, a rappresentare tutto ciò che di positivo rappresentano le mura domestiche in senso sia reale che figurato. Ma oggi come si configura davvero la situazione della redditività degli affitti, l’elettrocardiogramma che contribuisce a mostrare il reale stato di salute del bene “casa” nel nostro paese?

Un’indagine pubblicata sulle pagine del Sole 24 Ore (parametrata sui canoni medi cittadini rilevati da Nomisma, e rapportando tali dati alla casa-tipo così come risulta in catasto) disegna una ideale cartina geografica capace di delineare le linee di tendenza e di scoprire le sfumature relative ai costi che deve affrontare un proprietario di casa (sia che risieda nell’immobile stesso, sia che decida di affittarlo).

Case in affitto: quanto rendono?
Le imposte sulla casa nel corso degli ultimi 2 anni sono aumentate e contemporaneamente gli affitti sono diminuiti. Ma non tutti sanno dove sia più vantaggioso all’interno del territorio italiano possedere un’abitazione da dare in locazione. Ecco una lista di esempi in proposito: per effettuarli si è proceduto attraverso l’individuazione dell’immobile, il conteggio delle aliquote per il 2014 dell’IMU e della TASI (laddove applicata), delle imposte sui redditi (cedolare al 21% o Irpef ipotizzata al 38%, più addizionali e registro) e le spese a carico del proprietario (stimate al 10% del canone) in maniera tale da giungere a comprendere il guadagno netto.

Dove non conviene
A Lecco (in Lombardia) chi sceglie di avvalersi della cedolare secca (con riferimento ad un contratto a canone libero) vede scomparire tra tasse e spese di manutenzione il 47% del canone incassato. La percentuale cresce esponenzialmente al 66% qualora il proprietario applichi la tassazione ordinaria (in compresenza di un’aliquota Irpef medio-alta). Si tratta della tassazione più elevata su tutto il territorio italiano con riferimento al bene casa: dare in affitto una casa nel territorio di tale provincia non è quindi quello che può definirsi un affare.

Ma Lecco non è certamente un caso isolato in un orizzonte italiano dove la tassazione generale sulla casa sta raggiungendo limiti di guardia:  Padova, Torino, Pordenone e Verona sono altre province in cui tale percentuale si assesta su cifre alte.

Dove conviene (forse)
Dall’altro lato dell’arcobaleno ci sono diverse province del centro e del sud in cui tali percentuali complessive si abbassano: a Messina, ad esempio, si arriva ad un 37% con cedolare secca e un 55% con tassazione ordinaria. A ruota seguono Pistoia, Lucca, Rimini, insieme alle insulari Sassari e Palermo; in queste province la sommatoria composta da IMU, TASI, imposte sui redditi e spese di gestione risulta infatti meno onerosa, se paragonata alle percentuali esaminate in precedenza.

Leggi anche l’articolo Mercato immobiliare: come si sono risollevate Spagna e Irlanda.

Due variabili in più
Dati interessanti che disegnano una forbice non piccola in materia di rendimento economico di una casa data in affitto: inoltre, secondo il presidente di Confedilizia Corrado Sforza Fogliani, non bisogna escludere da tale rilevazione due aspetti: da una parte il rischio morosità dell’inquilino, fenomeno molto diffuso negli ultimi tempi e balzato agli onori delle cronache in queste settimane (leggi l’articolo Niente proroga al blocco sfratti: due punti di vista sulla questione): “L’aumento della morosità è un fenomeno ormai accertato, e non può più essere trascurato quando si tratta di valutare l’investimento” spiega il numero uno di Confedilizia.

Dall’altra il tema delle spese per lavori straordinari: “Il patrimonio edilizio italiano invecchia rapidamente – spiega Sforza Fogliani -, in larga parte è stato costruito negli anni 60 e 70 e oggi richiede interventi costosi. Il catasto, fin dall’Ottocento, ha sempre considerato al 30% della rendita l’incidenza delle spese e degli imprevisti, ed è importante che se ne tenga conto anche nella riforma del catasto ora in fase di avvio, visto che oggi i proprietari non hanno la possibilità di dedurle analiticamente”. Due ulteriori elementi capaci di incidere negativamente sulla bilancia complessiva che definisce la redditività del bene “casa” nel 2015.

A cura di Marco Brezza

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Riforma del Catasto: le Commissioni censuarie in Gazzetta. E adesso?

Riforma del Catasto: le Commissioni censuarie in Gazzetta. E adesso?

Dopo più di due mesi di attesa (l’approvazione definitiva in Consiglio dei Ministri risale, infatti, al 10 novembre scorso) è infine arrivata la tanto attesa pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del primo decreto della riforma del Catasto, il decreto legislativo 17 dicembre 2014, n.198, recante composizione, attribuzioni e funzionamento delle commissioni censuarie, a norma dell’art.2, comma 3, lettera a) della legge 11 marzo 2014, n.23.

Il decreto entrerà in vigore il 28 gennaio, ed entro un anno da tale data le commissioni, sia la centrale che le provinciali, dovranno essersi insediate.

È questo il primo decreto, in materia di revisione del Catasto, ad essere approvato e pubblicato, in non trascurabile ritardo sulla tabella di marcia: entro la fine marzo, infatti, il Governo dovrebbe adottare tutti i decreti attuativi per la revisione del sistema fiscale, secondo quanto prescritto dalla legge delega. Appare ormai inevitabile, quindi, una proroga.

Per quanto riguarda questo primo decreto sulle commissioni censuarie è da segnalare il positivo coinvolgimento dei rappresentanti delle associazioni della proprietà immobiliare che, assieme ai rappresentanti di ordini e collegi professionali avranno un diritto certo di partecipazione in ciascuna delle tre sezioni delle commissioni: e quindi geometri, architetti, ingegneri, periti edili, dottori agronomi, periti agrari e agrotecnici e docenti qualificati in materia di economia, estimo urbano e rurale, statistica ed econometria.

Si dovrà ora correre spediti nella creazione dell’importante e strategica struttura amministrativa delle Commissioni Censuarie, che non ha per fortuna necessità di attendere i prossimi decreti legislativi in materia per essere “costruita”.

Auspico ora che sul secondo decreto legislativo, ormai in fase di emanazione (l’Agenzia delle Entrate ne ha consegnato una bozza al Governo), si apra una consultazione con i professionisti tecnici ed esperti in materia fiscale, quali i geometri fiscalisti in primis. L’augurio è che non si faccia nuovamente carico alle sole Commissioni Parlamentari di garantire il rispetto dei principi di trasparenza e di contraddittorio tra le parti interessate stabiliti dalla legge delega.

Il prossimo decreto ad essere atteso è, infatti, quello inerente le cosiddette “funzioni statistiche”, ovverosia i nuovi algoritmi che serviranno a calcolare, in base a diversi coefficienti, le rendite catastali ed il valore medio ordinario degli immobili, elementi su cui vengono poi calcolate le tasse (come IMU e TASI ed in futuro, forse, la local tax).

Fra i compiti delle rinnovate commissioni censuarie c’è proprio quello di validazione di queste “funzioni statistiche”.

Gli elementi che concorrono alla definizione dell’algoritmo sono molteplici, come ad esempio l’ubicazione dell’immobile, i servizi presenti nel quartiere, esposizione, affaccio, stato di manutenzione, ascensore, efficienza energetica ma, soprattutto, il valore medio ordinario verrà determinato a partire dai valori di mercato al metro quadro per la tipologia immobiliare relativa.

Il passaggio dal vano al metro quadrato, ed il riferimento ai reali valori di mercato degli immobili per la determinazione delle rendite catastali dovrebbero porre fine alle attuali iniquità: allo stato attuale delle cose, infatti, spesso due immobili con le stesse caratteristiche si trovano ad avere rendite assai diverse e, quindi, i proprietari si trovano a pagare imposte sostanzialmente differenti su immobili invece assimilabili.

Lo scopo primario della revisione del Catasto è proprio questo: eliminare (o, quantomeno, ridurre al minimo) le attuali ingiustizie, allineando le rendite al reale valore degli immobili. Si presenta però un problema non di poco conto: le compravendite, in base alle quali dovrebbe essere calcolato il valore medio di mercato degli immobili nelle diverse aree, sono decisamente calate nel corso degli ultimi anni, così che in numerosissimi comuni non è possibile avere un campione sufficiente da cui desumere i dati necessari.

Il rischio è, quindi, che le zone si allarghino decisamente, fino a rendere non più significativi e reali i valori di mercato attribuiti agli immobili dell’area. Si può rivelare quindi risolutivo, in un contesto di tale carenza di dati, l’intervento di professionisti che, come i geometri, anche grazie alla capillare diffusione su tutto il territorio, possano operare sul campo per raccogliere dati e caratteristiche degli immobili.

Il timore diffuso (e anche un nostro studio lo mette in evidenza) è che si assista ad una generalizzata crescita delle rendite catastali e, quindi, ad un aumento delle tasse sugli immobili. La legge delega, però, prevede una specifica clausola di salvaguardia, secondo cui l’ente impositore non potrà incassare una somma di imposte superiore a quella attualizzata in un determinato momento.

È, questo, il principio dell’invarianza di gettito delle singole imposte il cui presupposto e la cui base imponibile sono influenzati dalle stime di valori patrimoniali e rendite. Per evitare un aggravio del carico fiscale dovranno, quindi, essere previste modifiche alle aliquote impositive, eventuali deduzioni, detrazioni e franchigie, con particolare riferimento alle imposte sui trasferimenti ed all’imposta municipale propria, tenendo conto anche delle condizioni socio-economiche e dell’ampiezza e composizione del nucleo familiare, così come rappresentate dall’ISEE.

Su questo è mio fermo intendimento monitorare costantemente l’evoluzione della normativa e della sua applicazione affinché sia garantito quanto previsto nella Legge Delega.

Insomma, sicuramente in seguito alla rideterminazione delle rendite catastali qualcuno si troverà a pagare di più e qualcuno di meno, ma le ingiustizie potranno essere ridotte al minimo grazie soprattutto ai professionisti tecnici che, se coinvolti nel processo per tempo, potranno farsi garanti dell’accuratezza dei dati.

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Attestato Prestazione Energetica, sono pronti i nuovi metodi di calcolo

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Il Comitato Termotecnico Italiano (CTI) ha realizzato una sintesi del Rapporto sullo Stato di attuazione e applicazione dell’Attestato Prestazione Energetica degli edifici in Italia nel 2013. All’interno del documento sono contenute una serie di notizie interessanti che riguardano le singole Regioni italiane di fronte all’analisi degli andamenti e alla Direttiva sulle prestazioni energetiche degli edifici EPBD. Ma la notizia più importante riguarda l’ufficializzazione della prossima pubblicazione dei nuovi metodi di calcolo e nuove linee guida per l’Attestato Prestazione energetica.

Siamo “abbastanza” bravi: l’Italia vanta oltre 3,5 milioni di abitazioni certificate, oltre il 50% in più rispetto al 2012. Nonostante, bisogna dirlo, la normativa incompleta, l’Italia è tra le nazioni più avanzate nel settore. Sono tantissimi i tecnici certificatori che svolgono anche solo l’attività professionale del certificatore energetico. La diversificazione delle leggi, che variano da una regione all’altra, la qualità non sempre ottimale dei certificati e la necessità di migliorare l’istituto della certificazione sono le criticità che frenano il nostro paese nella corsa verso un miglioramento.
L’attuazione della normativa europea ha agito quindi in maniera positiva sul mercato delle nuove costruzioni. I professionisti fanno attenzione agli aspetti energetici e i cittadini pretendono livelli di qualità energetica elevati quando acquistano casa.

La certificazione energetica ha davvero creato cultura? Così dice il documento ma su questo abbiamo qualche dubbio, visto che l’acquisto dell’Attestato Prestazione Energetica super scontato su Groupon ha avuto un discreto successo: i cittadini ne hanno approfittato, e pure i professionisti (questi, alcune volte, sono stati anche puniti dagli Ordini Professionali).
L’essersi posti obiettivi come la costruzione nel 2020 di edifici ad energia quasi zero (Nzeb) funziona? Deve ancora mettere in moto il proprio potenziale di aiuto?

L’accesso alle informazioni contenute negli APE è possibile solo in Emilia Romagna, Lombardia, Marche, Sicilia, Valle d’Aosta e solo in Lombardia si possono consultare on line gli archivi. E questo è male.
L’elenco dei soggetti certificatori consultabile online è presente solo in 7 regioni (Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Sicilia, Valle d’Aosta e Trento). E anche questo è male.

Quindi, non cantiamo vittoria: c’è ancora tanta strada da fare. E, forse, la vera notizia del Rapporto ci darà una spinta a migliorarci.

Veniamo, infatti, alla notizia secondo noi principale del documento: sono pronti (in fase di pubblicazione) i decreti attuativi del DL 63/2013 con la nuova metodologia di calcolo delle prestazioni energetiche per l’Attestato Prestazione Energetica. Si andranno a indicare novità su:
– criteri generali,
– metodologie per il calcolo,
– classificazione degli edifici,
– procedure amministrative,
– format e norme per il monitoraggio,
– controlli della regolarità tecnica e amministrativa.

Verrà pubblicato anche l’aggiornamento delle Linee guida nazionali per il rilascio dell’Attestato di Prestazione Energetica degli edifici.

Tutte le informazioni per scrivere l’Attestato di prestazione energetica le trovi nel libro “APE. Guida all’attestato di Prestazione energetica” di Giovanna de Simone.

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Consolidamento e restauro in edilizia, la sottile distinzione dalla nuova costruzione

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Gli interventi di ristrutturazione edilizia implicano necessariamente la preesistenza di un fabbricato sul quale poter intervenire, dotato, quindi, di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura; invece, la ricostruzione su ruderi o di un edificio già da tempo demolito, costituisce una nuova costruzione.

Ma qual è la linea di demarcazione tra le due tipologie di intervento?

La risposta ha un duplice fondamento, uno di carattere legislativo e l’altro di carattere giuridico. Dal punto di vista giuridico possiamo far riferimento direttamente dall’articolo 3, comma 1, lett. e), del testo unico per l’edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, che recita “interventi di nuova costruzione, quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio…”.

Mentre per il profilo giudiziario, troviamo diverse pronunce che fanno riferimento, per situazioni attuali al citato articolo 3 , comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 380 del 2001 e, per  periodi previgenti all’ex articolo 1, legge 28 gennaio 1977, n. 10 “Norme in materia di edificabilità dei suoli” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 13 ottobre 2010, n. 7476, 15 settembre 2006, n. 5375; Sez. V, 23 aprile 2014, n. 2060, 15 aprile 2004 n. 2142, 29 ottobre 2001, n. 5642; Sez. VI, 9 giugno 2014, n. 2919).

Con specifico riguardo alla nozione di trasformazione urbanistica ed edilizia contenuta nel citato articolo 1 della legge n. 10 del 1977, deve poi sottolinearsi che essa va intesa non solo in una accezione strutturale, ma anche funzionale, la quale è imperniata sull’idoneità dell’organismo edilizio a soddisfare esigenze non meramente temporanee, come il recupero dell’abitabilità del fabbricato, impedita dallo stato di demolizione in cui versa.

In un caso specifico i Giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto di escludere che “l’intervento possa essere qualificato come di restauro e risanamento conservativo, soggetto all’epoca dei fatti a regime autorizzatorio ai sensi dei sopra citati artt. 7 decreto legge  n. 9/1982 e 31, comma 1, lett. c), legge n. 457/1978, diversamente dalla ristrutturazione edilizia, nella quale gli appellanti assumono possa essere inquadrato l’intervento richiesto (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5337, del 29 ottobre 2014).

Infatti, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lett. e), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, gli interventi di restauro e risanamento hanno una finalità di conservazione e valorizzazione dell’organismo edilizio, attraverso la sostituzione anche di elementi costitutivi di quest’ultimo, che tuttavia non può estendersi sino alla realizzazione di superfici e volumetrie (Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 settembre 2013, n. 4863).

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Restauro e recupero degli edifici a struttura muraria

Rodolfo Antonucci , 2012, Maggioli Editore

Sempre più emerge a livello nazionale l’importanza di intervenire per motivi sia di sicurezza sia di salvaguardia sul cosiddetto “costruito storico”, intendendo per esso edifici di valenza storico-artistica così come l’edificato minore.
La nuova mappatura sismica dell’Italia ha,…

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Bonus Mobili 2015, non vale solo con la ristrutturazione edilizia

Bonus Mobili 2015, non vale solo con la ristrutturazione edilizia

Agevolazioni e detrazioni fiscali maggiorate ancora per un anno per coloro che vogliono intervenire sulla propria abitazione, ristrutturandola, e contemporaneamente arredarla con nuovi mobili ed elettrodomestici.

La Legge di Stabilità 2015, infatti, ha prorogato fino al 31 dicembre 2015 le detrazioni del 50% sull’imponibile IRPEF per le spese sostenute nella ristrutturazione edilizia, fino a un tetto massimo di 96.000 euro (ne parliamo diffusamente nel dossier tecnico sulla Detrazione 50%).

Come è noto viene anche prorogata la misura di sostegno all’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici, introdotta dal Decreto del Fare del giugno 2013. Condizione necessaria per poter sfruttare il c.d. Bonus Mobili per tutto quest’anno è il collegamento tra lavori edilizi di ristrutturazione e acquisto degli arredi.

Insomma, esiste una stretta correlazione tra l’incentivo a favore del settore del mobile e quello a favore del settore delle costruzioni.

Quello che importa sottolineare, in questa sede, è che il termine “ristrutturazione” pur corretto, non comprende da solo tutti i lavori che consentono di sfruttare l’incentivo per l’acquisto degli arredi.

È la stessa Agenzia delle Entrate ha chiarire che gli interventi del patrimonio edilizio che costituiscono il presupposto del beneficio del Bonus Mobili 2015 non sono limitati alla ristrutturazione edilizia in senso tecnico, ossia a quelli indicati alla lett. d), art. 3 del testo unico dell’edilizia (DPR n. 380/2001).

La circolare n. 35/E del 2009 ha stabilito infatti che le ristrutturazioni edilizie in senso fiscale comprendono anche la manutenzione ordinaria, la manutenzione straordinaria e il restauro e il risanamento conservativo.

Per quanto riguarda la manutenzione ordinaria deve essere evidenziato che il Bonus Arredi si può ottenere solo se i lavori sono eseguiti sulle parti comuni dei condomini.

La detrazione collegata al Bonus Mobili 2015 è collegata anche ad altri lavori, oltre a quelli appena sopra ricordati:

– interventi necessari alla ricostruzione o al ripristino dell’immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi, anche non rientranti nelle categorie sopra ricordati, purché sia però stato dichiarato lo stato di emergenza

– interventi di restauro e di risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, che provvedano entro 6 mesi dal termine dei lavori alla successiva alienazione o assegnazione dell’immobile.

A tutti i lettori che desiderino approfondire tutti gli aspetti legati all’agevolazione fiscale che riguarda arredi ed elettrodomestici, segnaliamo la recente pubblicazione del nuovo dossier tecnico Bonus Mobili 2015.

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Le autocaravans e le roulottes in zona agricola sono opere temporanee o stabili?

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Sono molti i casi di autocaravans e roulottes posti in area agricola per svariate ragioni e solitamente sono opere temporanee, ma non sempre è così! Infatti, ci sono casi in cui gli interventi assumono dimensioni vaste, durevoli nel tempo, benché semplicemente poggiate a terra.

In un caso specifico, per esempio, sono state messe 63 roulotte in un uliveto di una cooperativa agricola, incorporate al suolo, e costruiti quattro servizi igienici.

Il Comune ha ingiunto la demolizione di “insieme di opere stabilmente incorporate in assenza di provvedimento concessorio e pertanto abusive nonché arrecanti pregiudizio al contesto ambientale in cui sono sorte”.

I giudici di Palazzo Spada (Consiglio di Stato, Sez. V, 5 novembre 2014, n. 5469) hanno ritenuto che, risultando le 63 roulottes incorporate al suolo, come dagli atti di accertamento del comune, è chiaro che l’area era stata occupata stabilmente da quelle numerosissime roulottes e autocaravans; inoltre, è evidente che la realizzazione di opere funzionali alla trasformazione urbanistica costituiscono circostanze che ulteriormente confermano la natura stabile delle strutture di cui si è ingiunta la rimozione. E no

Infatti è stato allestito, senza alcun titolo abilitativo, un campeggio stanziale del tutto abusivo, per di più in contrasto con il piano regolatore comunale  che vieta nelle zone agricole l’installazione di roulottes, campers e case mobili stazionati all’interno dell’area di proprietà, non risultando verosimile (e neppure dimostrato in alcun modo) che le roulotte non fossero stazionate all’interno dell’area di proprietà, ma destinate al continuo spostamento per soste di breve durata.

Inoltre, si deve evidenziare che la zona non è servita dai necessari standard urbanistici idonei a soddisfare le esigenze di un insediamento siffatto, potenzialmente in grado di ospitare circa 200 persone, come emerge anche dall’ordinanza di rimessione in pristino, laddove viene evidenziato che la zona non è servita dal servizio pubblico di fognatura e che gli scarichi provenienti dal servizio pubblico igienico all’aperto e dai servizi interni al deposito attrezzi confluiscono in una fossa Imhof e successivamente in una fossa a dispersione. Per tali opere non stata rilasciata alcuna autorizzazione allo scarico.

Tutto ciò conferma che la zona era anche in concreto inidonea a sostenere l’insediamento abusivo posto in essere dalle roulottes e caravan rinvenute.

A proposito di opere temporanee, leggi anche Opere stagionali, hanno carattere di temporaneità?

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