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Edifici a rischio Radon: come bisogna intervenire?

Edifici a rischio Radon: cosa fare

Il radon è un agente cancerogeno che causa un aumento del rischio di contrarre il tumore polmonare. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha classificato fin dal 1988 il radon nel Gruppo 1, nel quale sono elencate le sostanze dichiarate cancerogene per l’uomo. Gli edifici a rischio Radon maggiormente esposti sono quelli costruiti su suoli di origine vulcanica o fortemente permeabili e che impiegano materiali da costruzione quali tufo, pozzolane, graniti, partecipando così alle cause dell’inquinamento indoor.

Non esiste una concentrazione “sicura” al di sotto della quale la possibilità di contrarre il tumore è nulla. Possiamo dire che, organizzazioni scientifiche internazionali (l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la Comunità europea e singoli Paesi) hanno fissato dei livelli di riferimento per le abitazioni e per gli ambienti di lavoro al di sotto dei quali ritengono il rischio accettabile. Al di sopra di questi valori, invece, suggeriscono e in alcuni casi impongono di adottare provvedimenti per la riduzione della concentrazione. Per aiutare a comprendere il rischio sanitario associato al radon è utile raffrontare questo rischio con altri più conosciuti. Nella figura 1 sono riportati vari fattori di rischio di morte per alcune cause (fonte EPA – Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti – 2004).

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Figura 1 – Stima di alcune cause di morte negli Stati Uniti (Fonte EPA – 2004)

Il Radon viene generato in modo particolare nelle rocce di origine vulcanica come le lave, le pozzolane, i tufi, il granito ed il porfido. L’ inquinamento da Radon si verifica soprattutto in alcune zone del Lazio e della Campania a causa dell’utilizzo di materiali da costruzione di origine vulcanica (per lo più tufo): dai muri viene liberato del Radon che va ad incrementare la già elevata contaminazione all’interno degli edifici. Sono particolarmente esposte anche la Lombardia, il Friuli, il Piemonte, ma non va trascurato che fabbricati in cui sono stati utilizzati materiali da costruzione estratti nelle zone radioattive possono anch’essi essere contaminati.

Il livello di Radon presente negli edifici dipende da molteplici fattori, tra i quali la tipologia di edificio, i materiali utilizzati per la costruzione, i ricambi di d’aria, la ventilazione, ecc. La maggiore concentrazione di emissione Radon deriva da una pavimentazione poco isolata, dai solai oppure dalle intercapedini, che sono a contatto con il terreno, come i locali degli edifici collocati nei seminterrati o al pianterreno. Le più comuni vie di accesso del radon dal suolo  sono: i giunti di connessione perimetrali fra solaio a terra e pareti verticali o altri elementi strutturali, la mancata sigillatura delle canalizzazioni degli impianti elettrici o idraulici, le microfessurazioni nel basamento dovute al ritiro dei leganti o da assestamenti strutturali, le fessurazioni dovute all’errata posa di materiali da costruzione, le intercapedini e la discontinuità causate dai giunti di dilatazione.

Va detto che, non è il radon di per sé ad essere nocivo, in quanto gas inerte, ma i prodotti del suo decadimento, che sono metalli quali piombo, bismuto e polonio. Alcune particelle di questi elementi infatti sono particolarmente pericolose in quanto possiedono un’elevata energia che può danneggiare le cellule, rompendo in più punti la molecola di DNA.

Le persone più a rischio sono i lavoratori che svolgono attività  in luoghi  seminterrati e sotterranei, i bambini e gli alunni che frequentano asili e scuole, con mense e palestre situate nei locali interrati o seminterrati. Nelle abitazioni i locali maggiormente esposti sono le cucine, taverne, sale hobby, con un una maggiore incidenza di danno nei confronti delle casalinghe, i bambini, gli anziani che sostano maggiormente negli ambienti chiusi.   L’Istituto Superiore di Sanità ha stimato che in Italia il numero di casi di tumore polmonare attribuibili all’esposizione al Radon è compreso tra 1.000 e 5.500 ogni anno (su un totale annuale di circa 31.000 tumori polmonari), la maggior parte dei quali tra i fumatori, a causa dell’effetto sinergico tra Radon e fumo.

Per offrire una misura delle concentrazioni accettabili, si fa riferimento ai valori raccomandati dalla Comunità europea:

-200 Bq/mc per le nuove abitazioni;

-400 Bq/mc per quelle già esistenti.

La  normativa  già esiste per gli ambienti di lavoro (decreto legislativo n. 241, del 26 maggio 2000)  fissa un livello di riferimento di 500 Bq/mc.

Azioni di rimedio e protezione dal Radon

Di seguito si forniscono alcuni consigli  riguardo i possibili interventi per limitare la concentrazione di radon, da applicarsi singolarmente o in combinazione per assicurarsi un miglior risultato. Chiaramente è importante rivolgersi ad un tecnico specializzato, che provvederà a collocare dei dosimetri nei locali. Le misurazioni radon infatti devono essere eseguite da un laboratorio idoneamente attrezzato e le valutazioni di dose a persona devono essere fatte da un esperto qualificato nella radioprotezione, come indicato nel decreto legislativo n. 230 del 17 marzo 1995 e ss.ii.mm. I rilevatori possono essere richiesti a diverse strutture, tra cui l’Arpa e l’Enea, che assicurano un’assistenza per eseguire i monitoraggi ed una certificazione attestante la concentrazione presente. Di regola per una corretta rilevazione è necessario che i dosimetri siano presenti dei luoghi da “monitorare” per circa un anno.

Aumentare il ricambio d’aria

Aumentare il ricambio d’aria con l’esterno è un intervento immediato ed efficace per ridurre la concentrazione di radon. Il maggiore ricambio d’aria può essere ottenuto sia con ventilazione naturale, aprendo frequentemente finestre e porte, sia con ventilazione forzata, attraverso l’impiego di ventilatori elettrici. L’impiego di sistemi attivi permette di controllare i volumi di aria scambiati con l’esterno ed evitare così, nelle stagioni più fredde, un eccessivo dispendio termico.

Sigillare le vie d’ingresso

Sigillare le vie d’ingresso per contrastare la penetrazione del radon nell’edificio, chiudere ermeticamente le crepe, le fessure o microfessure presenti con l’utilizzo di materiali siliconici, poliuretani, resine, ecc. Per isolare gli interstizi attorno alle condotte tecnologiche (acqua, gas, elettricità, scarichi) è sicuramente preferibile l’utilizzo di materiale di tenuta a elasticità permanente. Le  porte d’accesso ai piani interrati  vanno sigillate con l’impiego di  guarnizioni isolanti elastiche come le eventuali botole/chiusini presenti nei solai contro terra. Un altro accorgimento in fase di ristrutturazione è la messa in opera di membrane isolanti nei solai e pareti dei piani interrati in presenza di materiali da costruzione ad elevato rilascio di radon (tabella 1).

Ventilazione naturale o depressurizzazione

Ventilazione naturale o depressurizzazione dell’eventuale intercapedine o vespaio esistente tra suolo ed edificio con una ventilazione naturale per deviare all’esterno il radon. Nel caso la ventilazione naturale sia insufficiente si può provvedere a forzare la circolazione d’aria mediante l’uso di ventola aspirante. Un rimedio efficace è altresì la realizzazione di un pozzetto radon. Questa tipologia di intervento è utilizzabile nel caso di edifici non dotati di vespaio. Si realizza il pozzetto nel terreno al di sotto del solaio, dal quale si estrae tramite gli aspiratori, l’aria carica di radon proveniente dal terreno. Lo stesso può essere realizzato in un punto “cruciale” adiacente all’edificio. Possono anche essere inseriti nel terreno sottostante l’edificio, all’altezza del pozzetto, delle tubazioni per facilitare la raccolta dell’aria. Se la tubazione aspirante ha una altezza equa può essere evitato l’uso di aspiratori elettrici. Il radon in questo modo viene spinto fuori.

Pressurizzazione dell’abitazione

Pressurizzazione dell’abitazione. L’ingresso del radon viene bloccato con un ventilatore creando in questo modo una leggera sovrappressione nell’abitazione. Questo tipo di soluzione si presta soprattutto per edifici ad alto contenimento energetico. In presenza di un eventuale piano interrato, con buona impermeabilizzazione e buona tenuta, è possibile pressurizzare solo questo livello immettendo aria con un ventilatore in modo da creare una barriera tale da contrastare l’entrata del gas nell’edificio.

Materiali da costruzione Ra – 226(Bq/kg) Th – 232(Bq/kg)
Media Min-Max Media Min-Max
Tufo 209 136-316 349 99-542
Cemento 42 7-98 66 9-240
Pietra Sienite 317 239-384 234 173-342
Pietra Peperino 159 109-256 171 152-231
Calcestruzzo 22 21-23 16 16
Laterizi 29 0-67 26 3-51
Sabbia 18 0-24 22 6-27
Ghiaia 15 11-21 14 13-16
Gesso 8 0-16 3 1-8
Calce 9 7-15 6 2-8
Travertino 1 0-2 0 0-1
Marmo 4 1-13 1 0-3
Granito 89 24-378 94 36-358
Porfido 41 25-51 59 45-73

Tabella 1 – Principali materiali da costruzione e loro concentrazioni

Per gli edifici di nuova costruzione invece è opportuno realizzare l’ “attacco a terra”, tramite un vespaio ventilato in modo da porre tra il terreno ed il fabbricato una intercapedine d’aria dalla quale il radon possa essere espulso verso l’esterno attraverso opportune canalizzazioni tramite ventilazione naturale o forzata (aspiratori). È opportuno inoltre isolare, secondo lo stesso principio, le eventuali pareti contro terra tramite uno scannafosso aerato. Nel caso non ci sia un vespaio è opportuno predisporre al di sotto dell’attacco a terra uno o più pozzetti di raccolta del radon collegati tra loro e collegati con l’esterno dell’edificio, inoltre è indispensabile inserire uno strato di ghiaia attraverso il quale possa circolare l’aria e confluire il radon nei pozzetti stessi. Un altro sistema raccomandato è la posa di rivestimenti o strati di materiali impermeabili al radon sui solai e pareti contro terra. È anche raccomandato predisporre e posizionare eventuali canalizzazioni per gli impianti idraulici, elettrici, riscaldamento o tecnologici in genere, in modo da evitare forature o danneggiamenti futuri agli strati impermeabili al radon. Infine possono essere utilizzati particolari cementi antiritiro, nei quali è quasi nulla la formazione delle fessure dalle quali può penetrare il radon.

Si ricorda che, il 17 gennaio 2014 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea la nuova Direttiva europea sulla protezione dalle radiazioni ionizzanti (“Basic Safety Standards” – Direttiva 2013/59/Euratom del Consiglio, pubblicata sulla G.U.U.E. L-13 del 17 gennaio 2014).

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Figura 2 – Concentrazioni Radon in Italia. Fonte ARPA Lazio

Con tale Direttiva, sono stati fissati i limiti di concentrazione di attività per la commercializzazione di materiali da costruzione e sollecitati ai Paesi comunitari piani di azione per le concentrazioni di gas radon nelle abitazioni. E’ diventato così obbligatorio, per tutti gli Stati dell’Unione Europea, dotarsi di un piano nazionale “radon”. Gli Stati membri dovranno predisporre inoltre le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla predetta Direttiva entro il termine ultimo del 6 febbraio 2018, che comporterà l’introduzione anche in Italia di una normativa di recepimento indirizzata ad una difesa della causa di tumore polmonare, vista l’esposizione ragguardevole del nostro territorio (figura 2).

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