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Legge di Stabilità 2015, la grande beffa del pellet: IVA al 22%

Pellet

Capodanno 2015, la grande beffa del pellet: non è il titolo di un film molto particolare, ma ciò che è effettivamente accaduto mentre gli italiani sui accingevano a festeggiare nel tepore casalingo del Natale. Nella Legge di Stabilità 2015, approvata in extremis lo scorso 23 dicembre e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 29 dicembre (Legge 190/2014), è infatti contenuta (in mezzo al mare magnum di altre norme) anche la misura che esclude i pellet dai combustibili che usufruiscono di una aliquota IVA agevolata.

Al punto 710 del maxiemendamento (articolo unico) alla Legge di Stabilità si legge infatti “Al n. 98) della tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo le parole: «compresa la segatura» sono inserite le seguenti: «, esclusi i pellet».”

Pellet: l’IVA sale al 22%
In tal modo, se la segatura rimane soggetta a IVA del 4%, l’esclusione dei pellet catapulta direttamente tale importante forma di alimentazione di stufe e caldaie al 22%, il valore ordinario dell’IVA per l’acquisto di beni e servizi. Una scelta a dir poco contraddittoria quella effettuata all’interno della manovra 2015: uno dei combustibili più economici, improvvisamente, a partire dal primo gennaio, diventa molto più caro. La sua evidente convenienza, che ha condotto molte famiglie a dotarsi di macchinari per il riscaldamento alimentati a pellet, subirà pertanto una drastica ridimensionata, con probabili effetti anche sull’intero mercato di settore. Una misura che possiede il sapore amaro di una vera e propria beffa sia per i consumatori sia per coloro che operano in questo comparto produttivo. Le maggiori entrate (quantificate in 96 milioni di euro dal 2015) derivanti da tale aumento sarebbero destinate all’incremento del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica.

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Un combustibile conveniente e “pulito”
“Oltre 2 milioni di famiglie utilizzano il pellet per il riscaldamento di casa, in tanti casi per necessità, come nelle zone di montagna non ancora raggiunte dal metano, ma è anche un modo per risparmiare e inquinare meno. Sono poi oltre 42mila i lavoratori delle imprese di questo settore. È dunque prevedibile che questo raddoppio dell’IVA inciderà sui bilanci delle famiglie e delle imprese, ma anche sull’ambiente” spiega tra gli altri Andrea Bonacchi, consigliere provinciale di Prato, il quale prosegue però con una proposta costruttiva:  “Il Governo e la sua maggioranza in Parlamento hanno deciso così: il raddoppio dell’IVA sul pellet è legge e non possiamo farci più niente. Un’idea però potrebbe essere quella di destinare alle politiche ambientali e alla manutenzione del territorio il maggior gettito che deriverà da questa nuova tassa, in modo tale che non siano sempre i cittadini a rimetterci”.

I dati dal rapporto Istat
Il pellet è un combustibile ricavato dalla segatura essiccata e poi compressa in forma di piccoli cilindri. Un recente rapporto Istat afferma che il consumo di pellet in Italia è più diffuso al Nord, soprattutto in Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino, con consistenti differenze di utilizzo rispetto al Centro e al Mezzogiorno, con le singole eccezioni di Sardegna (11,5%) e Umbria (11,1%). Nel complesso una casa su quattro è scaldata con legna o pellet nel nostro paese: insomma, la diffusione delle biomasse, come ci si aspetterebbe, è maggiore nei comuni di montagna, dove il 40,8% delle famiglie usa la legna ed il 7,4% il pellet.

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L’aumento dell’IVA al 22% per il pellet potrebbe contribuire ad arrestare in parte l’utilizzo di biomasse per fini energetici? Una risposta univoca non esiste. Certo è che gli italiani non saranno di certo incentivati ad utilizzare tale materiale.

A cura di Marco Brezza

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